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Populismi, cialtronismi, ultranazionalismi e trumpizzazione delle destre repubblicane minacciano sempre di più le democrazie europee

Consigliera politica al Parlamento europeo
Populismi, cialtronismi, ultranazionalismi e trumpizzazione delle destre repubblicane minacciano sempre di più le democrazie europee

Le giornate del 20 e 21 luglio 2022 entreranno nella storia d’Italia e d’Europa, perché le conseguenze di questa crisi politica si faranno sentire ben al di là delle frontiere nazionali, come il trionfo di populismi, cialtronismi e trumpizzazione di quel che restava del centro destra italiano. Ma una volta passato lo sgomento, è compito di ogni democratico, oserei dire di ogni elettore, fermarsi ad analizzare le cause. La crisi italiana, non è solo italiana, ma si iscrive in una crisi generale delle democrazie liberali.

La democrazia rappresentativa è sempre più spesso messa in dubbio.
L’astensione ne è il primo sintomo. Votare non è più un dovere, non è più un diritto nato da secoli di battaglie e non è più nemmeno un piacere. Nella maggior parte delle grandi democrazie europee vota meno del 50% degli aventi diritto, quando erano il 90% negli anni 70. E come non pensare oggi a Capitol Hill. Il fatto che un presidente in carica sconfitto possa aizzare “il popolo” per prendere d’assalto le istituzioni rappresentative non ha precedenti nella storia americana, che non ha mai vissuto un colpo di Stato o un putsch militare. Ma quello che ci dice Capitol Hill è che poiché “uno vale uno”, poiché la rappresentanza è iniqua, poiché le classi dirigenti sarebbero per definizione contro il popolo, si crea una situazione in cui, fra l’individualismo sfrenato dei singoli cittadini e gli impulsi incontrollabili della folla, non ci sono più corpi intermedi o cuscinetti che tengano. E come non ridere (per non piangere) quando il Movimento 5 Stelle, dopo aver ricevuto 11 milioni di voti attraverso i meccanismi rappresentativi democratici, decide di sottoporre il suo progetto di coalizione con la Lega a una consultazione popolare sulla piattaforma Rousseau. 40.000 voti di “democrazia diretta” hanno quindi deciso la nascita del governo Giallo/Verde…

La fiducia fra governati e governanti e nella parola istituzionale e mediatica, è ai minimi storici
Durante la crisi dei Gilet Gialli, lavoravo per il presidente Macron all’interno del suo partito En Marche! Andai sulle rotonde a discutere con i manifestanti e quello che più mi colpì fu l’impossibilità di trovare una base comune di credenze. Si può non essere d’accordo su come analizzare un fenomeno e sulle politiche da elaborare, ma per istaurare un dialogo è necessario stabilire un punto di partenza condiviso. Prendiamo il tasso di disoccupazione, possiamo dibattere sulle cause e sulle soluzioni, ma è necessario trovarsi d’accordo sui dati comunicati dall’Istat o dal ministero del lavoro. E invece non è più cosi. La pandemia ha dimostrato quanto la parola istituzionale fosse contestata. C’è poi chi gioca su questa sfiducia per trarne vantaggi elettorali, senza capire che il danno può essere irreversibile. Penso per esempio a Jean-Luc Mélenchon, che dopo il primo turno delle legislative in Francia ha pubblicamente dichiarato che i dati forniti dal ministero degli interni erano falsi…

A questa crisi politica va aggiunta una crisi sociale molto importante: l’aumento della disoccupazione, della disuguaglianza, della precarietà e oggi dell’inflazione sono carburante per partiti populisti e esperienze anti sistema. Nel periodo 1985-2001, le quote di reddito detenute dal 10% più ricco e dal 50% più povero divergono delineando probabilmente la fase di maggiore crescita della disuguaglianza nella storia recente del nostro Paese. Un’esperienza simile si rileva in tanti altri paesi europei. Non è un caso se in quel periodo, in tutta Europa emergono partiti che si collocano al di fuori del classico bipolarismo centro-destra, cristiano/conservatore e centro-sinistra/socialdemocratico progressista. Emersero in quegli anni partiti nazional-populisti di estrema destra come le Front Nazional in Francia, l‘FPÖ in Austria o la Lega Nord in Italia.

L’indebolimento o la sparizione delle destre repubblicane a profitto di destre estreme ha reso l’alternanza politica estremamente pericolosa.
Il successo di esperienze populiste di estrema destra anti sistema come la Lega Nord ha portato le destre repubblicane, Gaulliste (come direbbero in Francia) ad essere sempre più accondiscendenti verso gli estremi. Va ricordato che fu Berlusconi il primo in Europa a rompere il cordone sanitario e a sdoganare l’estrema destra alleandosi con la Lega di Umberto Bossi, per poi ritrovarsi, nel giro di qualche decennio, in minoranza di fronte all’ ingombrante alleato! Il successo di questi movimenti populisti, ha spinto anche i partiti di estrema destra di tradizione fascista a sposare, a loro volta, i codici del populismo. Alleanza Nazionale sotto la direzione di Fini rifiutò l’utilizzo di strategie populiste e scomparì dal panorama politico a profitto di Giorgia Meloni che invece le adottò a grande scala, diventando il primo partito italiano nei sondaggi.

Infine, vanno aggiunti altri tre ingredienti, per completare la ricetta della crisi della democrazia liberale, il primo è il sentimento di una messa in discussione, per un’intera fascia di popolazione, della propria identità, della propria cultura. La sensazione di non riconoscere più il proprio paese, la propria strada, la propria comunità, cedendo alle sirene dei vari Orban che promettono un mondo che non esiste più e non potrà più esistere. La società monoculturale, bianca, cristiana venduta da Trump dopo otto anni di presidenza Obama, ha funzionato come promessa elettorale in quella parte di America in crisi identitaria ma non si è mai trasformata in realtà e mai si trasformerà in realtà (per fortuna!).

Il secondo è l’ingerenza di regimi autoritari e di movimenti ultraconservatori, da Putin, a Steve Bannon, il progetto di far capottare le democrazie liberali europee e con esse l’Unione europea, è pensato e finanziato, tant’è che il Parlamento europeo ha deciso di costituire una commissione “ingerenze” per monitorare i flussi finanziari, le ingerenze nelle campagne elettorali (fu provato nel caso della Brexit) e gli attacchi cyber, per tentare di proteggere l’Unione dalle strategie esterne di destabilizzazione.

Il terzo, è l’incapacità dei partiti social-democratici europei di parlare alle masse e l’assenza di ricambio dirigenziale che alimenta la retorica anti élite, anch’essa carburante per i populismi.

Per cancellare il sentimento di profonda vergogna verso una larga fetta della classe dirigente del mio paese che ha mandato a casa l’Italiano più autorevole che ci sia, ho deciso che di questo 21 luglio 2022, riterrò nella memoria e nel cuore soltanto un’immagine bellissima e di speranza per il futuro della nostra democrazia: Draghi che annuncia l’interruzione della seduta alla Camera per “comunicare al Presidente della Repubblica le mie DETERMINAZIONI”. Questo rispetto assoluto per il Parlamento e per le istituzioni è il miglior scudo verso tutti i populismi e i cialtronismi del pianeta. A noi democratici, progressisti e europeisti non resta che scendere in campo, metterci in gioco, investirci e fare politica con la P maiuscola, con garbo e proposte che migliorino con efficacia la vita delle persone. Non c’è un minuto da perdere se vogliamo evitare all’Italia di scivolare verso la democrazia illiberale e verso il suo ingresso nel gruppo di Visegrad.

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