Da quando Hamas ha attaccato Israele il 7 ottobre scorso, la vicenda palestinese ha assunto ancor di più un ruolo fondamentale.
Dopo il 1947 Israele è sorto come stato democratico, la Palestina no. A prescindere dalle valutazioni e dalle discussioni riguardo al “conflitto perenne” tra alcuni arabi che non riconoscono Israele perché infedele, abusivo, o perché semplicemente esistente, c’è da considerare la risoluzione Onu n. 181 proprio del 1947.
In molti, soprattutto legati al promiscuo e confuso sostegno alla causa palestinese attaccando da una parte il sionismo e dall’altra l’esistenza stessa di Israele, sostengono che l’unica via per la pace in quella terra sia proprio tornare a quella decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Nulla di impossibile, sia chiaro.
Il problema, tuttavia, non riguarda il versante israeliano. Il problema è palestinese nella misura in cui quella risoluzione fu votata e approvata sancendo la nascita di stati e una gestione speciale per Gerusalemme con una fase preparatoria all’indipendenza di entrambi gli Stati (parte B della decisione Onu) adoperandosi a:
- stabilire un suffragio legislativo universale e segreto;
- accettare di astenersi obbligatoriamente dal minacciare l’altrui Stato;
- garantire diritti di uguaglianza e non discriminazione.
Il tutto con un obiettivo pre-condizione: ciascuno Stato doveva “redigere una Costituzione democratica”.
Allora, mentre Israele si è adoperata per sorgere democraticamente (pur non avendo tutt’oggi una Costituzione, ma leggi fondamentali), tutta la Palestina non ha potuto compiere il passo decisivo vuoi per le spinte terroristiche interne (verso la stessa Autorità Palestinese) vuoi per quelle esterne (vedasi Hamas verso Israele).
Questa lacuna è il motivo evidente per cui la conflittualità all’interno della comunità palestinese è ostativa alla realizzazione della risoluzione Onu se non altro per altre due ragioni:
- i palestinesi devono assicurare che vi sia la completa parità tra donne e uomini (cosa che uno stato confessionale, secondo le idee, le logiche e le ideologie dei terroristi, non potrà mai garantire);
- i partiti partecipanti alle dinamiche politico elettorali siano effettivamente democratici nei loro processi interni ed esterni.
E che, pertanto, la risoluzione Onu del 1947 sia una “giusta causa” non c’è dubbio, ma si consenta di dire che prima di tutto occorre che i palestinesi (tutti) inizino col sposare una “causa giusta”: la pace è raggiungibile solo senza terrorismo e dimostrando di volerne la delegittimazione politica e sociale.
Cosa, quest’ultima, che vale anche per Israele dove sacche di fondamentalismo esistono seppure riconoscibili e marginali nel contesto maggioritario di quel Paese.
© Riproduzione riservata
