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Voglia di un’area moderata

Avvocato e scrittore
Voglia di un’area moderata

di non accorgersene.
Al di fuori della politica attiva invece gli specialisti, i sociologi, gli psicologi, gli studiosi dei comportamenti di massa si sono avventurati nel grigio mare che circonda Avalon, novelli Parsifal alla ricerca del “Graal”, per cercare di capirne qualcosa, e le teorie più disparate si rincorrono.
Chissà se anche a noi poveri braccianti del commento politico, un piccolo spazio, una misera opera di terra, per dire la nostra ci sarà pur concessa o no.
Diciamo di sì e proviamo a mettere in fila un paio di concetti.
L’Italia, nata dalla liberazione e dalla Costituente, è cresciuta pluralista e sul pluralismo del suo sistema politico è vissuta per circa cinquant’anni sino alle drammatiche vicende degli anni racchiusi tra il 1993 a seguire.
Una concezione, quella pluralista, che non è mai uscita perché evidentemente è entrata nel dna della cultura politica diffusa del nostro paese e che seconda e poi terza repubblica non sono riuscite a scalfire.
Per due ordini di ragioni.
La prima è che in fondo, chi ha vissuto gli anni ‘80 da ventenne o trentenne, oggi è abbondantemente sotto i 70 anni e qualcosa di importante da dire nelle proprie comunità ce l’ha ancora a discapito delle new entry che di politica poco sanno o capiscono.
La seconda perché le innumerevoli spinte provenute dalla politica in genere, come le varie leggi elettorali, i nominati in parlamento o la riduzione del numero dei parlamentari, destinate a favorire o provocare una semplificazione del quadro politico versandolo in un sistema bipolare, o peggio ancora bipartitico, non hanno evidentemente esercitato alcun effetto seduttivo tra la gente.
Non hanno esercitato alcuna pressione volta ad archiviare il concetto o, se vogliamo, la mentalità pluralista del paese o di una buona parte di esso.
Del resto il duello tra destra e sinistra, che ha assunto i toni incattiviti da guerriglia vietnamita, ricca solo di attacchi personali, coltellate alle spalle, bassezze a non finire, mentre il confronto su temi e problemi finisce nel primo tombino che si incontra durante il passeggio, non è che potesse dare risultati diversi.
Ma non sarà forse proprio questa “o zuppa o panbagnato” che scoraggia o disturba gli italiani, o parte di essi, inducendoli a non andare a votare e farsi i cacchi propri?
E perché no?
“Il fenomeno non coinvolge tutti gli astenuti,” obietterà qualcuno.
E chi se ne importa di quanti saranno. Pur se fossero solo il 20% rispetto al 50% e passa degli astenuti, sarebbe comunque uno dei partiti più grandi dell’arco politico.
E dai su, non ci vuole molto per capire che, numeri e percentuali a parte, una delle vere sciagure del paese è il bipolarismo che ha inasprito confronto e posizioni e che ha reso il centro-destra sempre meno centro e più destra e il centro-sinistra, sempre più sinistra e meno centro.
Ma che poi gli italiani sono genuinamente moderati e tendono a sfuggire ai radicalismi e agli integralismi e destre-destre o sinistre-sinistre mal le digeriscono manco con dosi massicce di Citrosodina o Amaro del Capo.
Ma diciamocelo su.
Il percorso iniziato per costruire un’area moderata nella politica del paese, che possa scardinare il bipolarismo e dare una casa all’Italia di mezzo non è una cattiva idea.
E va coltivata con impegno, costanza e convinzione, raccogliendo in essa la parte migliore della politica, quella abituata a pensare e a ragionare, dalle persone provenienti dal riformismo socialdemocratico a quelle appartanenti all’area della liberal-democrazia, dalle persone della tradizione popolare e democratica a quelle della cultura libertaria e riformatrice.
“Ma questo sembra il pentapartito della prima repubblica”, potrà dire qualcuno.
Quasi.
Ma magari fosse.

 

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