Voglio la cittadinanza finlandese.
E non perché la sua premier ha lo sguardo seducente, neanche perché è socialdemocratica e neanche, infine, perché dicono che abbia lontane origini italiane.
Semplicemente perché Sanna Marin è una tosta. Lo si percepisce dal comunicato pubblicato ieri sulla sua pagina Facebook: “Promuovere l’ordine mondiale basato sulle regole, i diritti umani e la pace sono le pietre angolari della politica estera della Finlandia”, sono le parole che meglio narrano la sintesi del suo intervento, avvenuto poche ore prima, innanzi il parlamento finnico, e con il quale ha illustrato le ragioni a sostegno della decisione di chiedere l’ingresso nella Nato.
E fa niente che qualche cattedratico nostrano storca il naso affannato e disperato alla ricerca di evitare di far incavolare Putin più di quanto lo sia ora. Non che a Helsinky arrivi l’eco delle menate italiote, ma probabilmente qualche alzata di sopracciglio può darsi pure che anche la Marin l’abbia ricevuta, ma lei va giù risoluta e determinata.
Del resto non è premier per sbaglio, avendo, a poco meno di 40 anni, già una carriera politica di tutto rispetto (è dal 2014 vice presidente del partito socialdemocratico finlandese e ne è presidente dal 2017, ricoprendo altresì la carica di ministro dei trasporti e delle telecomunicazioni dal giugno del 2019, assurgendo dal dicembre dello stesso anno a capo del governo) ma soprattutto avendo le idee molto chiare sugli equilibri della politica internazionale continentale. E già, perché ci sono valori che non sono negoziabili, neanche quando è in atto un braccio di ferro, come quello attuale tra Putin e il resto dell’Europa, e del mondo, che adombra vecchi e sinistri rombi di tamburi di guerre globali.
La tesi, che anche e forse soprattutto in Italia ogni tanto siamo costretti a sentire, della serie: “fa niente che mi pigli a schiaffi, anzi ti dico pure grazie perché ti fermi ai ceffoni e non passi ai cazzotti” e che viene cattedraticamente illustrata nelle ribalte televisive nel tentativo di dare una ragione alla strategia di Putin e una logica a chi lo giustifica, non può prendere il sopravvento su una serie di valori che appartengono alla radice profonda del concetto di pace e del rispetto della vita umana.
Sono valori propri della socialdemocrazia, quando guardiamo alla dimensione terrena dell’agorà della politica, ma anche fondanti della religione, quando alziamo gli occhi verso il cielo della spiritualità. (Del resto qualcuno non aveva detto che Gesù era stato il primo socialista della storia?)
E sono gli stessi valori che riempiono gli ideali di Sanna Marin. Perché qui non si tratta di decidere se ha ragione Putin o Zelensky, non si tratta di assistere alla partita facendo il tifo da stadio assiepati su una delle due curve affacciate sul terreno di guerra.
Il problema è che, qualunque siano le ragioni dell’uno o dell’altro, queste non possono essere fatte valere con i missili e le bombe, con i carri armati e gli aerei, non possono bagnarsi del sangue non solo dei soldati, ma dei civili, dei bambini, delle donne morte o stuprate.
Negli anni che aprono al III millennio qualunque controversia internazionale dovrebbe essere risolta sul terreno della politica e della diplomazia. E se ciò non accade, se qualcuna delle parti in contesa preme il pulsante dei missili, ordina le invasioni, scatena le bombe e uccide la gente, la parte civile e razionale del mondo e dell’Europa non può stare con chi bagna le mani nel sangue della guerra. È questo il senso delle ragioni che hanno indotto la Finlandia (e anche la Svezia) a chiedere l’ingresso nella Nato.
Non è stata paura, non è stata la ricerca di una protezione, è stata una scelta di campo precisa e mirata. “Se non fosse chiaro, noi non stiamo con Putin. E se i Russi attaccano l’Ucraina perché ha chiesto di entrare nella Nato, noi facciamo la stessa cosa perché il diritto alla autodeterminazione delle nazioni è sacro inviolabile e non può essere sacrificato sull’altare dello scacchiere internazionale tantomeno al prezzo del sangue di uomini, donne e bambini.” Questo il senso della posizione presa dalla Marin. E fa niente che è alla guida di uno stato giovane, fa niente che è solo dal 1917 che ha conquistato la sua indipendenza, fa niente che per molti secoli è stato un granducato litigato e strattonato, ora da una parte e ora dall’altra, tra la corona svedese e la Russia zarista. Oggi la Finlandia, per bocca della sua giovane premier, dichiara al mondo la sua affermazione di principio a favore della pace e della sicurezza dei popoli con coraggio e fermezza.
La stessa fermezza che, guardacaso, tanti anni fa, mosse un signore che abitava al Raphael e che anch’egli rispose a brutto muso al capo di una potenza straniera in difesa della sovranità e dell’autodeterminazione del suo popolo e del suo paese.
La vicenda era l’affaire Sigonella e quel signore era anch’egli un leader socialista che si chiamava Bettino.
Oggi come allora fu difeso un principio che non è abdicabile neanche sotto il sinistro sguardo della minaccia, perché se la promessa dell’uso delle armi comincia a incutere paura tutti i valori umani del convivere civile vanno a farsi benedire.
Ma del resto non c’era da aspettarsi altro da una donna che è del segno dello scorpione ed è nata il 16 novembre, un giorno prima di me.
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