Nel dibattito sulla fornitura di armamenti all’Ucraina, abbiamo chiesto a Elisabetta Trenta, ex ministro della Difesa, e a Ludovico Seppili, esponente di Fi Giovani, se sia stato giusto o meno dare a Kiev bombe a grappolo. Trenta è contraria, mentre Seppili è a favore di questa decisione presa dagli Stati Uniti.

Qui di seguito, l’opinione di Elisabetta Trenta.

Una bomba con dentro tanti ordigni più piccoli, per danneggiare il presente e, soprattutto, il futuro. Sono le bombe a grappolo (cluster bombs), terribili, perché dopo l’esplosione a mezz’aria rilasciano submunizioni che cadono senza regole sul terreno, per un’area assai vasta, per seminare la morte anche molti anni dopo il loro utilizzo. Sono caratterizzate da un alto livello di fallimento e molte delle bombe “figlie” non esplodono subito ma solo in caso di urto casuale, magari a guerra finita da decenni e, allora, uccideranno o feriranno i civili, soprattutto bambini, e continueranno a creare un ostacolo enorme alla ricostruzione e alla ripresa economica e sociale post conflitto. In questo il loro effetto è molto simile a quello delle mine anti persona, proibite dalla convenzione di Ottawa del 1997. Anche le munizioni a grappolo sono vietate da una convenzione delle Nazioni Unite, quella di Oslo del 2008, ratificata da 111 paesi, inclusi l’Italia e la maggior parte dei paesi Nato, ma non da altri stati importanti, tra cui gli USA, la Russia, la Cina, e la stessa Ucraina.

Ebbene, il presidente degli Stati Uniti Biden ha deciso di cedere alle richieste dell’Ucraina, a corto di munizioni, e fornirle le cluster bombs.

È vero che le bombe a grappolo, che consentono di saturare in modo capillare un’area molto vasta, possono essere utili per la controffensiva perché sarebbero devastanti sulle trincee dei russi, ma, se il fine giustifica i mezzi, a che serve il diritto internazionale?

La decisione degli USA imbarazza i paesi europei che aderiscono alla Convenzione di Oslo e, così, alcuni “protettori” della narrativa predominante si affrettano ad evidenziare il previo uso delle bombe a grappolo da parte dei russi, o l’adozione da parte degli USA e dell’Ucraina di limitazioni all’impiego dell’arma.

Queste scuse e precauzioni sono solo un cerotto posto sulla nostra cattiva coscienza.
È infatti assurdo che, mentre sosteniamo l’Ucraina nella giusta lotta contro l’aggressione della Russia che vìola tutte le regole internazionali, deroghiamo noi stessi alle medesime regole. Allo stesso modo non è pensabile che per combattere contro dittatori senza scrupoli si scenda al loro livello. A questo punto, bombe a grappolo per bombe a grappolo e, quindi, se usassero armi chimiche? Se usassero un ordigno nucleare?

Dove abbiamo messo la nostra tradizione di diritto? Occhio per occhio e dente per dente! Attenzione, l’escalation è soprattutto questo. Mi chiedo anche se basti dichiararsi apertamente contrari come hanno fatto Spagna e Italia, Gran Bretagna e Canada, o “comprensivi”, seppur contrari, come Francia e Germania. Infatti l’art 1 della dichiarazione lettera c dice anche che “Ciascuno Stato Parte si impegna, in nessuna circostanza, a non assistere, incoraggiare o indurre chiunque a impegnarsi in qualsiasi attività vietata a uno Stato Parte ai sensi della presente Convenzione”.

Forse è la prima volta che la Nato è spaccata su una decisione che riguarda l’Ucraina che, nel vertice di Vilnius, ha ricevuto anche un primo No da Biden riguardo all’ingresso nella Nato.

Fa piacere che, dopo i Sì ai carri armati, agli F16 e alle cluster bombs, sia arrivato lo stop a un veloce ingresso dell’Ucraina nella Nato, chiesto da Zelensky: troppo pericoloso, perché rischieremmo di dover applicare l’art 5 del trattato Nato. Lo so Zelensky e l’Ucraina vorrebbero di più, ma la pace mondiale ha un valore superiore e va tutelata con determinazione!

Elisabetta Trenta

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