Lo zar è solo
Parte l’assedio finanziario contro la Russia: Usa, Ue, Cina e India mettono alle strette Putin
Gli Stati Uniti sanzionano Rosneft e Lukoil. Trump metterà nel mirino anche i partner commerciali di Mosca? Pechino sospende gli acquisti di petrolio russo via mare, l’India valuta la stretta. Nuove sanzioni dall’Europa
La decisione di Donald Trump sulle sanzioni al petrolio russo è stata un colpo duro. Probabilmente il più duro da quando il tycoon è tornato a essere presidente degli Stati Uniti, insieme all’annuncio che non ci sarà alcun summit a Budapest. Mosca, in questi mesi, è stata sempre convinta di avere alla Casa Bianca un interlocutore in grado di capirla. Un leader diverso rispetto al predecessore, Joe Biden, e anche rispetto ai capi di Stato e di governo europei. Ma la mossa con cui Trump ha sanzionato i colossi russi Rosneft e Lukoil insieme alle loro controllate segna certamente uno spartiacque. Gli osservatori si interrogano sulla loro concreta efficacia dal punto di vista economico. Per qualcuno, serviranno solo a mettere ancora più pressione su un sistema economico già in crisi; per altri, tutto dipenderà da quanto Trump voglia premere su un altro acceleratore: quello delle sanzioni secondarie, cioè ai partner commerciali di Mosca.
Il pacchetto firmato dal presidente Usa prevede infatti sicuramente il congelamento dei beni di Lukoil e Rosneft in America e il divieto per aziende e cittadini statunitensi di fare affari con queste due compagnie. Ma quello che può davvero incidere sul destino di queste misure è la possibilità che Washington vada a colpire tutta la rete di interessi vicina all’oro nero del Cremlino: le banche cinesi, le raffinerie indiane, le compagnie di Stati partner fino ai trader mondiali. Molti esperti credono che l’impatto possa essere soprattutto nel breve periodo. E qualcosa, in effetti, si è iniziato già a muovere.
Ieri le fonti di Reuters hanno riferito che la Cina ha sospeso gli acquisti di petrolio russo via mare (quello acquistato dalle compagnie petrolifere nazionali e non dalle aziende “private”). Le stesse misure le sta prendendo l’India, principale acquirente di petrolio russo da quando Mosca è sotto sanzioni per la guerra in Ucraina. Alcune fonti da New Delhi parlano di tagli drastici o addirittura di stop a qualsiasi accordo con Rosneft e Lukoil finché non saranno chiare le restrizioni imposte dalle sanzioni made in Usa. E l’impressione è che questi provvedimenti di Trump stiano provocando due effetti distinti ma uniti tra loro. Da una parte la furia degli acquirenti di idrocarburi russi, al punto che il premier indiano Narendra Modi ha annunciato che non si recherà al vertice Asean di Kuala Lumpur dove avrebbe incontrato Trump. Dall’altra, invece, c’è anche (come osservato dalle mosse di Cina e India) un effettivo timore sulle conseguenze di queste sanzioni. Un risultato, questo, che è da sempre nel mirino del tycoon, desideroso di premere in tutti i modi sul resto del mondo per colpire le casse del Cremlino e costringere così Vladimir Putin a sedersi al tavolo dei negoziati.
Se Trump riuscirà nel suo intento lo si capirà solo con il tempo. Ma intanto, il segnale è stato lanciato. E il percorso continua a essere seguito anche dall’Unione europea. Il Consiglio Ue ha approvato il 19esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca in cui è previsto un divieto graduale di importazione di Gnl, il divieto di transazione per i giganti russi del petrolio e 117 nuove navi della “flotta ombra” con cui il Cremlino elude le sanzioni. Vengono colpite anche cinque banche russe e istituti in Bielorussia e Kazakistan. Ma vengono inserite nella lista degli interventi anche entità che in qualche modo aiutano la Russia a eludere le misure restrittive imposte da Ue e Usa. E tra queste sono coinvolte anche raffinerie in Cina e aziende in India e Thailandia.
Per la Russia si tratta di un assedio finanziario non indifferente. Da Mosca hanno detto che il sistema “è immune” ai provvedimenti. Ma è chiaro che la pressione nei confronti del Cremlino sta aumentando. E questo piace a Volodymyr Zelensky, che ieri, a Bruxelles, ha chiesto ai partner europei di insistere su questa strada. Sia a livello economico (con gli asset russi congelati) sia sul piano militare. Ieri il presidente ucraino ha invitato i Paesi del vecchio continente a fornire a Kyiv le armi a lungo raggio. E per Zelensky, solo il mix di armi, sanzioni e garanzie di sicurezza per l’Ucraina farà in modo che Putin si decida a sedersi al tavolo dei negoziati e porre fine alla guerra. Ma i segnali che arrivano non sono positivi, come dimostra il fatto che ieri pomeriggio un SU-30 e un IL-78 russi hanno brevemente violato lo spazio aereo della Lituania nei pressi del confine tra il Paese baltico e l’oblast di Kaliningrad.
© Riproduzione riservata







