Il calendario della giunta delle autorizzazioni è pronto: il 17 o il 18 settembre i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, con il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano, si presenteranno davanti al tribunalino parlamentare per essere ascoltati sul caso Almasri e presentare eventuali memorie scritte. Senza avvocati e senza paracadute, dal momento che il presidente della giunta Devis Dori di Avs, esponente di un partito di minoranza come è prassi, ha preparato per i tre “indagati” un piattino politico particolarmente saporito.
Pur sapendo quale sarà il risultato finale di questa partita, aperta da quando, il 5 agosto, il Tribunale dei ministri ha richiesto le autorizzazioni a procedere nei confronti dei tre esponenti del governo, il politico ha gettato altra benzina sul fuoco. Ha infatti nominato come relatore per la giunta e poi per l’aula un personaggio come Federico Gianassi, capogruppo del Pd in commissione giustizia e vicepresidente della stessa giunta, che sul caso Almasri non aveva risparmiato il governo con giudizi particolarmente accaniti. Quasi una provocazione, giustificata con qualche esempio del passato, nel ricordo di fatti accaduti prevalentemente negli anni ’90, in piena Tangentopoli e nel clima di Mani Pulite. Che senso ha ricordare nomi da preistoria come quelli di Signorile, De Lorenzo o Prandini, per far notare come fossero giudicati dal tribunale parlamentare sulla base di relazioni dei loro oppositori? Era il clima dell’epoca. Lo si vuole replicare?
È chiaro che il programma stilato ieri nella direzione della giunta per le autorizzazioni è del tutto secondario rispetto a quel che succederà, dentro e fuori dal Parlamento, a partire dalla settimana prossima, quando il relatore presenterà le proprie considerazioni, che non saranno neutre, ma rappresenteranno un atto d’accusa del tutto allineato alla magistratura. Un relatore-pm, insomma. Si arriverà poi al giorno delle audizioni, il 17 o 18 di questo mese, degli uomini di governo “indagati”. E il processo mediatico sarà servito. Perché, nel frattempo, possiamo tranquillamente scommetterlo, cominceranno a uscire da qualche parte, sempre le stesse, carte secretate dagli atti del tribunale.
Non bisogna dimenticare che nelle parti già note è per esempio citata abbondantemente Giusi Bartolozzi, la capo di gabinetto del ministro Nordio che insieme a lui ha gestito la pratica del dossier Almasri. Ancora non si sa se ci sarà per lui, che non gode di immunità, un binario parallelo presso la procura della Repubblica per il reato di favoreggiamento.
In ogni caso il circo mediatico sarà già pronto, e si sprecheranno gli appellativi di “zarina” e tutta la paccottiglia che sempre viene attribuita alle donne di potere. In questo clima si arriverà dunque alla votazione del 30 settembre nella giunta delle autorizzazioni. La maggioranza di governo è solida in Parlamento e in tutte le sue articolazioni, quindi la relazione del deputato Gianassi dovrebbe essere respinta. A quel punto si rischia il cortocircuito, con un Parlamento in cui non si riuscirà più a parlare di altro, con i vari Bonelli pronti a correre in procura e tante piccole Schlein a invocare la presenza di Giorgia Meloni a “riferire”. Il presidente della giunta, lo ha già annunciato, sarà costretto a nominare come relatore un esponente della maggioranza, che poi riferirà all’aula. Dove le richieste del tribunale dei ministri di processare per favoreggiamento e peculato i tre esponenti di governo saranno respinte.
Tra un passaggio e l’altro, tutto questo circo occuperà i prossimi due mesi. Fino a lambire i tempi della discussione della legge di bilancio, e con diversi intervalli determinati da alcune elezioni regionali. Sarà inoltre un’occasione ghiotta per anticipare la discussione sul prossimo referendum sulla separazione delle carriere. L’osso grosso da spolpare è evidentemente il guardasigilli Nordio, la bestia nera della magistratura associata. Quale momento migliore per accusarlo, sapendo di mentire, di voler schiacciare la libertà dei pm sotto il tallone della politica?
