Caso Moro, i misteri irrisolti nel libro di Signorile e Colarizi

Il Partito Socialista Italiano provò in tutti i modi a intavolare una trattativa diretta con le Brigate Rosse, nei giorni convulsi e tempestosi in cui il presidente del Consiglio, Aldo Moro, era nelle mani dei terroristi. Di quei negoziati, tanto riservati quanto complessi, era stato incaricato il vicesegretario del Psi, Claudio Signorile. Volando a Parigi, a Milano, a Torino: ovunque fosse possibile mettere insieme quel delicato puzzle fatto di tessere insanguinate e bossoli di proiettile che era la struttura imperscrutabile del brigatismo. Signorile costruisce in pochi giorni una sua rete, contatta Franco Piperno, leader di Potere Operaio, e con lui arriva Lanfranco Pace. I due conoscono Moretti e Faranda.

Il nucleo dei carcerieri di Moro. Signorile preme per avere informazioni. E oggi ne scrive, a compimento di un lavoro di ricerca, di riflessione politica e di elaborazione storiografica, nel volume “Il Caso Moro tra politica e storia”, che il leader della sinistra socialista ha scritto a quattro mani con Simona Colarizi, docente di storia contemporanea a La Sapienza di Roma. Perché “A volere morto Moro erano in tanti”, ci dice Signorile. Chi? “Tutti quelli che volevano fermare il processo del compromesso storico, che allora si chiamava solidarietà nazionale”. Un periodo connotato da fibrillazioni particolari. “Berlinguer vedeva nel suo scampato attentato di Bucarest delle analogie con il sequestro di Moro”, ci dice Signorile. Che rivela di aver avuto, su consiglio e quasi imposizione delle autorità, una pistola per difendersi da eventuali attentati.

“Ne avevamo una io e una Craxi. Io non la volevo toccare, lui la portava più volentieri. Per fortuna non ci è mai servita”. L’amarezza per Moro rimane. Si evince da tutto il lavoro che Signorile ha svolto sul campo, anticipando perfino quello dell’intelligence, “Nessuno compì fino in fondo gli sforzi che avrebbe potuto compiere”. Le responsabilità della Dc sono nero su bianco, in queste pagine. I dubbi, tanti. Il mistero di Moro parla ancora. Se una delle poche certezze è che il sequestro fu opera delle Br, l’altra è che la pistola che uccise lo statista era cecoslovacca. E di quei tempi non era reperibile in Italia. Ci fu – già nel trambusto del sequestro in via Fani – una “centrale” di collaborazione tra gruppi eversivi internazionali? E via Caetani, perché fu scelta malgrado fosse al centro di numerosi posti di blocco, in quei giorni febbrili nella capitale? Tra i misteri irrisolti c’è quello della scuola di lingue Hyperion, fondata a Parigi nel ’77 da Corrado Simioni, intellettuale inquieto ed ex membro del gruppo originale da cui sarebbero sorte le Brigate Rosse.

Piperno affermò di non aver avuto rapporti con la scuola Hyperion. Tuttavia, secondo Priore, questa scuola avrebbe avuto rapporti con le Br: aprì una sede a Roma poco prima del sequestro Moro e questa sede era proprio contigua a via Caetani. Che Moro sia passato da lì? Accende tanti riflettori, questo libro. Altri se ne accenderanno nel grande evento di presentazione che si terrà al Senato mercoledì 29 maggio. Baldini e Castoldi, l’editore, punta su una presentazione che entrerà nella storia: dopo i saluti di Dario Parrini, il direttore del TgLa7, Enrico Mentana modererà il dibattito tra Enzo Scotti, Walter Veltroni e i due autori Colarizi e Signorile.