Sul ruolo del sindacato Landini ha invocato la “rivolta sociale” e ha dichiarato di voler “rivoltare come un guanto” il Paese. Ne abbiamo parlato con il Segretario Generale dell’UGL Paolo Capone.

Lei, al contrario del leader di Cgil, parla di “dialogo costruttivo” e “leale collaborazione fra istituzioni e parti sociali”. Sono due visioni inconciliabili del sindacato?
«Non credo che il sindacato debba evocare “rivolte sociali” o alimentare tensioni. Questo linguaggio finisce per allontanare il sindacato dai lavoratori reali, trasformandolo in un attore politico anziché sociale. Le visioni possono anche divergere, ma la nostra responsabilità resta la stessa: tutelare i lavoratori e costruire percorsi che portino risultati, non scontri».

Sulla politicizzazione della CGIL, ha definito il referendum promosso dalla CGIL sul Jobs Act “un ritorno al passato, per attaccare un governo che non soddisfa particolarmente Landini”. La percezione è che dietro le battaglie sindacali si nasconda ormai un’agenda politica…
«Era evidente la volontà di usare una battaglia sindacale per colpire politicamente il Governo. Con l’esito negativo del referendum, è apparso chiaro come quello strumento fosse inadeguato a rispondere alle istanze dei lavoratori. Intervenire per via referendaria su una normativa complessa come il Jobs Act rischiava di creare incertezza compromettendo il percorso di equilibrio costruito negli ultimi anni tra parti sociali e istituzioni. Non è così che si difendono i lavoratori».

Sulla manovra finanziaria Lei ha espresso “apprezzamento per molte misure” della legge di bilancio, citando il taglio del cuneo fiscale e l’aumento delle detrazioni sul lavoro. La CGIL parla invece di “pessima manovra”. Come spieghiamo ad un lavoratore una simile divergenza?
«Il sindacato deve essere onesto con i lavoratori: se una misura li favorisce, va riconosciuto. La Manovra non risolve tutto, ma compie passi avanti importanti che vanno nella direzione giusta. Il dialogo con il Governo ha prodotto risultati concreti: il taglio del cuneo fiscale reso strutturale, la riduzione dell’IRPEF, interventi per il sostegno all’industria e alla formazione. Sono misure che aiutano i lavoratori e le imprese. Il lavoro resta lo strumento più efficace per garantire dignità, autonomia e reale inclusione sociale. I dati dell’Istat confermano l’efficacia delle misure messe in campo negli ultimi anni, sia in termini di crescita dell’occupazione stabile sia nella riduzione delle aree di maggiore fragilità del mercato del lavoro».

Sul salario minimo e i referendum avete definito il salario minimo “uno specchietto per le allodole”. Perché?
«Il salario minimo legale è un bluff che rischia di rivelarsi dannoso per i lavoratori. Si tratta di una misura che rappresenta un compromesso al ribasso, che peggiorerebbe i salari mediani depotenziando la contrattazione collettiva che nel nostro Paese disciplina oltre il 90% dei lavoratori. Il problema dei bassi stipendi, soprattutto in un momento storico così complesso sul fronte inflazionistico, si risolve dando sostegno alla contrattazione collettiva e non escludendo la possibilità di dialogo tra le parti. Riteniamo opportuno parlare di salario adeguato, sostenendo la buona contrattazione e il welfare aziendale».

Sul Green Deal e la transizione ecologica Lei ha parlato di “transizione ecologica pensata in modo rigido e unilaterale” che penalizza l’industria italiana. Non c’è il rischio di arrivare poi in ritardo su un tema che riguarda anche l’energia? Sarebbe necessario tracciare un percorso: quale?
«La transizione energetica è inevitabile, ma non può diventare un dogma che sacrifica lavoratori e imprese. Noi chiediamo una transizione ponderata e tecnologicamente neutrale, che tenga insieme sostenibilità ambientale, competitività e tutela sociale. Bisogna accompagnare i settori produttivi con investimenti e formazione. Non rallentare la transizione, ma governarla in modo pragmatico».

Domanda finale Segretario, la critica che qualcuno vi può muovere è scontata: siete “il sindacato amico del governo”
«L’UGL è amica dei lavoratori. Se una misura va nella direzione giusta, lo riconosciamo; se qualcosa non funziona, lo diciamo con la stessa fermezza. La nostra bussola è l’interesse dei lavoratori e del sistema produttivo nazionale. L’UGL è un sindacato apartitico, ma identitario, fondato su principi della legalità, della solidarietà, del rispetto dell’identità nazionale, favorevole al superamento del concetto di lotta di classe e alla collaborazione tra capitale e lavoro, visione che trova nella partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese la propria massima espressione».