Che cosa succede quando un grande sindacato per fare politica si avvale dei diritti che l’ordinamento gli riconosce per svolgere la sua essenziale e specifica funzione di tutela dei lavoratori? Il sindacato è certamente un soggetto politico, e non vi è un confine ben definito tra l’iniziativa sindacale e l’azione politica; pertanto un sindacato è assolutamente legittimato ad esprimere le proprie posizioni non solo nell’ambito della contrattazione collettiva ma anche sui problemi che interessano l’economia, la società e le regole del vivere civile.

La mutazione genetica della Cgil verso un terzo genere

Tutto ciò premesso a scanso di equivoci, è opinione di chi scrive che nella Cgil sia in corso una mutazione genetica verso un tertium genus che non è del tutto un partito ma non è più soltanto un sindacato. Siamo gente di mondo: in ogni angolo della terra i sindacati hanno una liaison genetica con le formazioni di sinistra che li induce ad avere un occhio di riguardo quando i relativi partiti e movimenti vincono le elezioni e ad esprimere, invece, una naturale avversità nei confronti dei partiti conservatori e di destra. E qui si presenta già un primo problema che tuttavia può essere annoverato nell’ambito della comune dialettica democratica. Nella dialettica politica, chi vince legittimamente governa anche se deve misurarsi con un’opposizione agguerrita. Ma se di mezzo ci si mettono i sindacati, i quali si avvalgono, contro il Governo, delle rendite di posizione loro conferite dal sistema di potere di cui sono elementi essenziali, la partita diventa difficile e squilibrata, se un sindacato si avvale per finalità partigiane dei mezzi attribuiti dalla legge e dai contratti per svolgere la sua funzione.

Cgil protagonista

Si sarà già capito che il ragionamento riguarda in particolare la Cgil di Maurizio Landini che – magari insieme alla Uil – si muove nello stesso campo dei partiti politici. Li sfida, si allea, li sostiene. In sostanza con la leadership di Landini la Cgil è integrata nell’opposizione a cui offre una capacità di mobilitazione, con risorse economiche e di quadri sperimentati a tempo pieno, di cui i partiti non dispongono più da lungo tempo. Non è sempre facile interpretare il pensiero e gli obiettivi del segretario generale della Cgil: ma le sue iniziative – a partire dalla coalizione sociale fino ad arrivare alla rivolta sociale passando per la via maestra e per la ritualità degli scioperi generali – sono indirizzate a fare della Cgil il soggetto protagonista del fronte dell’opposizione e il fondatore di una sinistra più radicale che sparga ai quattro venti le ceneri del riformismo (questo era lo scopo vero dei referendum falliti nei giorni scorsi). La Cgil è la più grande associazione del Paese e, come sindacato, può avvalersi di un’agibilità economica e politica che non ha riferimenti in altre situazioni. Nello svolgimento dell’attività sindacale – il discorso è ormai di carattere generale – è praticamente scomparsa ogni forma di volontariato.

I Patronati e i Caaf sindacali

In Italia, per i servizi resi ai lavoratori, ai Patronati viene distribuito un ammontare, corrispondente alle pratiche svolte, in percentuale sulla contribuzione sociale raccolta dagli enti previdenziali. I Caaf (tutti) ricevono un corrispettivo dallo Stato per ogni denuncia controllata e trasmessa. In aggiunta, gli enti previdenziali riconoscono, sulla base di apposite convenzioni, un contributo aggiuntivo a quello pubblico per l’attività di assistenza ai pensionati nella compilazione della denuncia. Altre risorse vengono dalle dichiarazioni Isee (che ormai sono divenute un passepartout per ogni tipo di prestazione). I Patronati e i Caaf sindacali sono una specie di Benemerita con presenze che coprono tutto il territorio e svolgono un ruolo determinante nelle elezioni all’estero. Ma i maggiori benefici per i sindacati riguardano il pacchetto dei c.d. diritti sindacali, di cui non sono titolari i lavoratori ma la struttura esterna dei sindacati stessi: la ritenuta in busta paga delle quote associative da parte dei datori e versamento nei conti correnti delle organizzazione a cui i lavoratori hanno rilasciato delega a tempo indeterminato; le quote di servizio; i permessi retribuiti per lo svolgimento dell’attività sindacale e delle assemblee durante l’orario di lavoro; le sedi gratuite nelle aziende; i distacchi retribuiti compresivi dei premi di produttività nel pubblico impiego; il riconoscimento della contribuzione figurativa per i sindacalisti in aspettativa.

Cosa può determinare la crisi

Gli enti di previdenza, poi, raccolgono e versano, sulla base di specifiche convenzioni, le quote associative dei pensionati, i quali vengono intercettati dai Patronati al momento delle pratiche di pensione e costituiscono una quota molto elevata di adesioni. A determinare una crisi finanziaria basterebbe quindi una semplice direttiva del ministro del Lavoro all’Inps, con la richiesta di inserire nelle convenzioni una scadenza periodica determinando così l’esigenza di rinnovo delle deleghe ora rilasciate vita natural durante, a meno di non ricorrere a complicate pratiche di disdetta. Ecco perché una confederazione che si dedica alla politique d’abord somiglia a soggetto transgender che pretende di gareggiare con atlete femmine. La signora Thatcher, dopo lo scontro con il sindacato dei minatori, prese di petto il potere economico dei sindacati, introducendo l’obbligo di sottoporre a referendum le clausole (shop) che imponevano l’iscrizione obbligatoria al sindacato per essere assunti ed aver applicato il contratto. Il potere secolare del Tuc crollò come un castello di carta. E Tony Blair si guardò bene dal ripristinare quelle regole che delineavano la sudditanza del Labour alle Unions.