Sociologo e fondatore della Fondazione David Hume, Luca Ricolfi è una delle voci più influenti nel dibattito pubblico: lontano dalle astrazioni, ragiona di politica e società sulla base dei dati.

Professore, che cosa indica la scarsa affluenza alle urne? Il flop è clamoroso, sotto al 30%.
«Al momento in cui ne parliamo non sappiamo ancora qual è la percentuale esatta di votanti, né quali sono le percentuali di sì ai vari referendum. Se le percentuali che il Ministero sta dando sono calcolate su tutti gli aventi diritto al voto, compresi gli italiani all’estero (quasi 51 milioni), si può prevedere che, quando sarà stato completato lo spoglio, la percentuale di votanti potrebbe scendere ancora un po’, forse sotto il 30%: la partecipazione al voto degli italiani all’estero è inferiore a quella dei residenti in Italia. A quel punto il flop sarebbe ancora più clamoroso, una vera Caporetto dell’opposizione».

L’istituto del referendum sembra non interessare più, o forse bisogna recuperare lo spirito delle grandi battaglie sociali, dei temi etici?
«Basterebbe, per rivitalizzare i referendum, che i promotori seguissero tre semplici regole».

Quali?
«Primo, farne di meno (non uno all’anno ma uno ogni 5 o 10 anni). Secondo, far votare solo un referendum per volta, eliminando tutti i “quesiti parassitari”, che vengono accodati a quello principale solo perché così è più comodo. Terzo, chiamare i cittadini alle urne solo su grandi questioni, che interessano quasi tutti, e che si capiscono facilmente».

Forse la politica deve ritrovare sé stessa, rivendicare il suo ruolo: erano quesiti troppo tecnici, troppo algidi?
«Alcuni (lavoro) sì, altri (cittadinanza) no. Il problema è che erano quesiti pensati per mettere all’angolo Renzi, Calenda e la componente riformista del Pd».

Il Pd di Schlein e il M5S di Conte sembrano l’orchestra del Titanic, suonano e ballano mentre la nave affonda…
«I promotori dei referendum sono ridicoli, specialmente Riccardo Magi e Francesco Boccia, che vorrebbero “dare lo sfratto” al governo Meloni solo perché il numero di elettori andati al voto (14-15 milioni, dipende dalla % di votanti definitiva) eccede il numero di voti raccolti dal centro-destra alle politiche del 2022 (poco più di 12 milioni). Fanno finta di non sapere che nei 14-15 milioni di andati al voto sono compresi due milioni di elettori che hanno respinto i quesiti sul lavoro e sei milioni di votanti che hanno respinto il quesito pro-immigrati. Se vogliamo una stima realistica delle dimensioni della sinistra che è andata al voto dobbiamo, almeno in parte, sottrarre i no. E a quel punto la consistenza dell’opposizione si situerebbe intorno ai 10 milioni di voti, ben al di sotto della soglia (12.3 milioni) fissata da quel buontempone di Boccia».

C’è l’indice di uno scollamento generale tra politica e elettori?
«Non parlerei di uno scollamento generale. Molto dipende dai temi di cui si parla, e da chi parla».

Giorgia Meloni, per ora, riesce a parlare all’elettorato.
«Esatto. Quando Giorgia Meloni parla di immigrazione tutti capiscono benissimo, compresi quelli che non sono d’accordo con lei».

È fallito l’assalto della Cgil di Landini alla leadership del centrosinistra? Le responsabilità maggiori di questa disfatta sono dei sindacati o dei partiti?
«Non so se Landini volesse veramente diventare il leader del centro sinistra, e soprattutto se il Pd glielo avrebbe permesso. Quel che mi sembra evidente è che, dopo l’umiliazione subita con i referendum, Schlein dovrà fare i conti con Bonaccini e l’ala riformista del Pd. Quanto a Conte, potrebbe uscirne meno malconcio di altri. Dopotutto i votanti, con il 40% di no alla cittadinanza anticipata, non hanno fatto altro che recepire la linea indicata dal leader Cinquestelle: più tutele sul lavoro, ma libertà di coscienza in materia di immigrazione. Da riformista, mi spiace ammetterlo, ma Conte sembra assai più capace di Schlein di intercettare il sentiment dei ceti popolari».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.