Un’altra disfatta, annunciata. Nessuno dei cinque quesiti referendari ha raggiunto il quorum, con l’affluenza che si è attestata sotto al 31% e con una buona percentuale di schede che hanno fatto registrare il voto contrario alle proposte abrogative. I 14 milioni di elettori presenti alle urne non sono stati sufficienti per ribaltare il trend della non validità del referendum, diventato abituale in Italia.

Dal 1946 a oggi si sono svolti 72 referendum abrogativi nazionali di cui solo 39 hanno superato il quorum. Considerando gli ultimi cinquant’anni, ricordiamo il Referendum sul divorzio (1974) che raggiunse l’affluenza dell’87,7%, sulla legge Reale sull’ordine pubblico e Finanziamento pubblico ai partiti (sopra all’80%), i Cinque quesiti validi su: Legge Cossiga (ordine pubblico), Ergastolo, Porto d’armi, due quesiti sull’aborto (1981), sull’ Indennità di contingenza (scala mobile, 1985), sulla Responsabilità civile dei magistrati e Abolizione della commissione inquirente (1987). Due successi negli anni 90: il Referendum su Ministero del turismo e spettacolo e Due quesiti sull’audiovisivo, concessioni e pubblicità TV (1993 e 1995) e soltanto uno dal 2000 in poi: era il 2011 quando quesiti sull’acqua pubblica, energia nucleare e servizi pubblici locali portarono l’affluenza al 54%.

Risultati che ancora prima di far contare le spese del sistema, aprono discussioni. In primis sulla facilità con cui un referendum popolare può essere attivato, ora agevolato dalla raccolta firme online. Ne bastano 500mila, e l’obiettivo della destra potrebbe presto essere quello di innalzare la soglia ad un milione. L’ipotesi è stata prospettata da Paolo Emilio Russo, capogruppo di FI in commissione Affari costituzionali alla Camera: “Quello della raccolta digitale delle firme è uno Strumento utilissimo, ma che cambia le regole. Valuteremo tutti insieme, maggioranza e opposizione, eventuali correttivi per evitare che ci possa essere un ricorso eccessivo allo strumento del referendum”.

Altra strada percorribile, quella di abbassare il quorum. “Credo che lo strumento del referendum vada rivisto nelle modalità e nei paletti”, ha anticipato il leader del M5S, Giuseppe Conte. “Il Paese affoga nell’astensionismo, bisogna premiare la partecipazione, la scelta. Soprattutto in un contesto in cui poteri con gran parte dell’informazione in mano inquinano le acque, in cui pochissimi decidono per tutti, in cui molti italiani non hanno quasi mai sentito parlare di questo referendum per mesi”. Due strade che potrebbero addirittura incrociarsi per rispondere a esigenze diverse: un migliore accertamento della volontà popolare di votare, e una constatazione dell’interessa sempre più basso per la vita pubblica. Urge una soluzione.

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