Esteri
La relazione tossica tra Donald Trump e Vladimir Putin. L’UE fa la bella statuina senza sapere a quale Santo votarsi

Il comico è il tragico visto di spalle diceva il critico e saggista francese Gérard Genette. Si pensi alla farsesca investitura di Putin come mediatore nel conflitto israelo-iraniano proposta da Trump. Suggella la subalternità del presidente americano, politica e persino psicologica, al tiranno del Cremlino. E questo è l’aspetto più inquietante di una relazione tra i due che non fa presagire nulla di buono per le sorti dell’Ucraina. È vero, il tycoon newyorkese ha confermato il suo sostegno al governo di Gerusalemme. Ma finora si è ben guardato dal fornirgli quelle armi indispensabili per azzerare il programma nucleare di Teheran.
La posizione dei Paesi del G7
C’è poi la singolare posizione dei paesi del G7, Italia inclusa, secondo cui la Repubblica islamica non può e non deve diventare una potenza atomica, però ci vuole una de-escalation nel teatro di guerra. Sono le raffinatezze dell’arte della diplomazia, per loro natura volte a ovattare la dura realtà dei fatti. E la dura realtà dei fatti è che Netanyahu o verrà sconfitto sul campo di battaglia (meglio, nei cieli), oppure si fermerà solo a missione compiuta. Non la pensa così, ovviamente, la sinistra parlamentare domestica. Quella sinistra che non ha mai chiesto a Putin di fare un passo indietro, e che ora invece lo chiede al “leader genocida” di uno stato che ha attaccato un regime teocratico e terrorista per preservare la propria esistenza. C’è infine la “bella statuina” dell’Ue, che non sa mai a quale santo votarsi.
A quale santo votarsi
Forse Bruxelles in Medio Oriente ha poche carte da giocare, ma se volesse farsi rispettare almeno dall’Ercolino Pestamusi di Mosca una briscola da calare sul tavolo l’avrebbe: confiscare gli asset russi (circa duecento miliardi di dollari), congelati prevalentemente nella società belga di servizi finanziari Euroclear, destinandoli a un fondo per la ricostruzione dell’Ucraina. Negli ultimi mesi l’idea è stata discussa all’Ecofin incontrando il favore di Polonia e paesi baltici, Finlandia e Austria. Certo, si tratta di un’operazione delicata sul piano del diritto internazionale. Ma se non ora, quando?
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