Nel pieno della riconversione tecnologica dell’automotive globale, l’Italia si trova a giocare una partita cruciale per il proprio futuro industriale. La mobilità elettrica si sta imponendo come asse strategico delle economie avanzate, ma il Paese necessita di uno sprint industriale. Secondo gli ultimi dati elaborati da Motus-E e raccolti nella prima edizione del Libro Bianco sulla Mobilità Elettrica, presentato il 10 giugno a Roma, l’Italia dispone oggi di un punto di ricarica ogni 5,4 auto elettriche circolanti, meglio della media europea (1 ogni 8,3) e della Cina (1 ogni 9). Eppure, nel primo trimestre del 2025, la quota di mercato delle auto elettriche nel nostro Paese è al 5%, a fronte del 17% europeo. Il parco circolante italiano è di oltre 300mila unità, in forte crescita rispetto al 2020, ma ancora marginale rispetto agli oltre 8,8 milioni di veicoli elettrici già presenti sulle strade del continente.

Questo squilibrio evidenzia un problema strutturale: l’Italia ha investito nella cornice tecnologica, ma fatica a sviluppare un ecosistema economico capace di generare domanda, innovazione e valore industriale. «La sfida non è più tecnologica, è politica e industriale», sottolinea Fabio Pressi, presidente di Motus-E. «Oggi quasi un’auto su cinque venduta nel mondo è già elettrica. Se non intercettiamo questa trasformazione, rischiamo di perdere competitività in uno dei settori chiave della nostra economia». Il comparto automotive vale oltre il 6% del PIL italiano e coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori, ma il passaggio all’elettrico comporta un cambiamento radicale delle competenze, dei fornitori e della struttura produttiva. La competizione si gioca su tre fronti: accesso competitivo all’energia, adattamento della fiscalità e sviluppo di una filiera nazionale per componenti strategici, dalle batterie al software. In quest’ottica, le imprese chiedono certezze normative, incentivi mirati per la domanda e politiche industriali che accompagnino la riconversione delle imprese, soprattutto quelle della subfornitura meccanica. Il governo sembra aver colto il segnale.

«L’automotive italiano deve cambiare pelle. Se vogliamo restare un Paese moderno, dobbiamo stare con il gruppo di testa», ha dichiarato Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. «Abbiamo spostato 600 milioni del Pnrr dalle infrastrutture agli incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici. Ora serve un’accelerazione anche sul lato industriale». Intanto, anche il settore privato si muove. Plenitude – società del gruppo Eni – è tra gli operatori più attivi nella costruzione della rete europea di ricarica. «Stiamo ampliando la nostra presenza in Paesi come Germania, Austria, Svizzera, Francia e Spagna», ha spiegato Paolo Martini, Head of E-Mobility Recharge Solutions. «A differenza dell’estero, in Italia siamo stati tra i primi a costruire la rete da zero. Ora la sfida è aumentare l’accessibilità e puntare su stazioni sempre più veloci, anche grazie alla sinergia con le Enilive Station».

Il quadro che emerge è chiaro: la mobilità elettrica non è solo un tema ambientale o tecnologico, ma il fulcro di una competizione industriale da cui dipenderanno posti di lavoro, attrattività del Paese e capacità di presidiare le nuove catene del valore europee. Senza una strategia industriale coerente, l’Italia rischia di trovarsi con infrastrutture moderne ma senza industria. E in un mercato globale da centinaia di miliardi, questa è una posizione che non ci si può permettere.

Beatrice Telesio di Toritto

Autore