In Europa la mobilità è entrata in una nuova era. Con oltre 11 milioni di veicoli elettrici già in circolazione e una rete di ricarica sempre più diffusa, affidabile e veloce, il cambiamento è in corso. E non sta solo modificando il nostro modo di muoverci, ma anche ridefinendo come produciamo, gestiamo e consumiamo energia.

A livello globale, le vendite di auto con motore a combustione interna hanno raggiunto il loro picco nel 2017. Oggi, una vettura nuova su cinque è già elettrica o ibrida plug-in. In Europa, il mercato continua a crescere a doppia cifra: nel primo trimestre del 2025, le immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono aumentate del 23,9% e conquistando il 15,2% del mercato totale. Anche sul fronte delle infrastrutture, i progressi sono evidenti. Il settore della ricarica ha già mobilitato oltre 20 miliardi di euro di investimenti, e 26 Stati membri su 27 hanno centrato gli obiettivi di capacità previsti dal regolamento europeo AFIR per il 2025. Persino l’Italia – spesso percepita in ritardo nelle transizioni tecnologiche – supera oggi Germania, Francia, Regno Unito e Norvegia per punti di ricarica in rapporto al numero di veicoli elettrici circolanti. Questa trasformazione non è solo tecnologica. È una delle più grandi opportunità industriali ed economiche dell’Europa contemporanea. Ma il successo non è garantito. La sfida ora è gestire la transizione con visione strategica e continuità, e per questo servono regole stabili, segnali chiari e una collaborazione solida tra costruttori, operatori della ricarica, gestori di rete e istituzioni pubbliche.

In questo contesto, i limiti europei alle emissioni di CO2 per auto e furgoni rappresentano uno strumento chiave. Offrono prevedibilità al mercato e incoraggiano investimenti di lungo termine. È proprio per raggiungere questi obiettivi che, nel 2025, saranno lanciati diversi nuovi modelli di auto elettriche sotto i 25.000 euro, tutti prodotti, almeno in parte, in Europa. Questa – e l’Italia con lei – deve concentrarsi su ciò che davvero conta: stimolare la domanda, rafforzare la filiera delle batterie, ridurre il costo dell’energia e intervenire sul nodo, sempre più critico, della congestione delle reti elettriche. Senza investimenti mirati in capacità e flessibilità, la rete rischia di diventare il vero collo di bottiglia della transizione.

Nel settore della ricarica pubblica, un punto è imprescindibile: garantire un mercato aperto e competitivo. È l’unico modo per migliorare i servizi, favorire l’innovazione e sviluppare un’infrastruttura di qualità diffusa sul territorio. Ostacolare l’ingresso di nuovi operatori o consolidare posizioni dominanti significa penalizzare i consumatori e rallentare la transizione, danneggiando un intero ecosistema industriale. Per questo è fondamentale che i decisori politici dimostrino di aver compreso una realtà ormai inequivocabile: la mobilità elettrica non è più un’ipotesi, ma il risultato di una traiettoria industriale inevitabile, in cui i veicoli elettrici stanno diventando più economici, efficienti e competitivi dei motori a combustione interna.

È una scelta che milioni di cittadini europei hanno già compiuto e che il mercato sta accelerando. Serve agire subito, con la massima ambizione e senza inviare segnali contraddittori che rischiano di disorientare investitori, imprese e consumatori. È il momento di consolidare questa traiettoria e garantire che l’Europa – e l’Italia – restino protagoniste nella competizione globale, non solo per una mobilità più pulita ed efficiente, ma anche per cogliere appieno le opportunità industriali e tecnologiche che questa transizione porta con sé.

Michiel Langezaal*

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