Coronavirus, la ‘profezia’ del sindaco di Milano: “Ripartiremo ma niente sarà come prima”

“Niente sarà come prima, ma vedremo se qualcosa diventerà meglio di prima”. Il sindaco di Milano Beppe Sala in un’intervista al Corriere della Sera parla dell’emergenza coronavirus e del futuro della sua città. Domenica a Che tempo che fa Sala aveva fatto marcia indietro sullo slogan che aveva rilanciato “Milano non si ferma”. E nell’intervista di oggi di Maurizio Giannattasio parla di una ripartenza che dovrà essere graduale, probabilmente fatta si “stop and go”. Ai suoi cittadini esorta a non farsi “vincere dalla stanchezza”, ad avere “pazienza” in questo momento difficile.

La ripartenza, argomenta il primo cittadino, sarà scaglionata in primis proprio dal comune: “Potrebbero tornare al lavoro i più giovani, la fascia d’età che arriva fino ai 50 anni. Successivamente gli altri. Credo che un protocollo del genere sarebbe utile e saggio anche per il nostro Paese perché il numero dei morti riguarda soprattutto la popolazione anziana”. L’emergenza coronavirus porta così Sala a ragionare sui punti da dove dovrà ripartire la città. Ne individua tre: le infrastrutture, intese sia come trasporti che come quelle digitali; un piano degli spazi di grande concentrazione, dallo stadio San Siro ai cinema, sui quali si dovrà ragionare sulla tutela della salute e non più solo su quella alla sicurezza; sull’economia. “Le grandi aziende – ragiona Sala su quest’ultimo punto – baderanno al loro destino, certamente io garantirò dialogo e supporto, ma da sindaco dovrò lavorare molto sulle piccole iniziative economiche e culturali. Questi sono i capisaldi della ripresa”.

Milano potrebbe essere anche il luogo dove sperimentare il tracciamento digitale delle persone. E sul tracciamento attraverso delle app, e la relativa violazione della privacy dice: “Sono favorevole a condizione che si trovi la formula per normarla temporaneamente. Va bene, ma per un periodo definito”.

L’emergenza porta anche a una riflessione sul sistema sanitario della Regione: “In Lombardia, a differenza di Emilia e Veneto, si è puntato più sulle grandi infrastrutture ospedaliere, anche private, a scapito della rete sociosanitaria del territorio, consultori, medici di base. Sono proprio questi ultimi a denunciare le loro difficoltà”.