Coronavirus, qual è il tempo del contagio? La risposta del virologo del Cotugno

Il tempo necessario affinché si verifichi un contagio da Covid-19 è di 15 minuti. Lo ha dichiarato nel corso del giornale radio locale di Radio Crc Targato Italia Massimo Sardo, virologo dell’Ospedale Cotugno di Napoli.

“I 15 minuti rappresentano il tempo necessario affinché ci sia una possibile trasmissione – ha dichiarato Sardo –  questa è la definizione di contatto stretto. Restare a meno di un metro di distanza dalla persona che presenta il coronavirus può trasmettere l’infezione attraverso le goccioline di saliva che si trovano nell’aria, tutto questo deve avvenire, però, in un periodo di 15 minuti, quindi i contatti occasionali sono molto meno infettanti. Ovviamente, le persone che presentano sintomi sono molto più infettanti degli asintomatici”.

L’Ospedale Cotugno è l’avamposto contro il coronavirus della regione e una delle eccellenze a livello mondiale, come riconosciuto da un servizio di Skytg24 britannica. Al Cotugno l’equipe guidata dall’oncologo del Pascale Paolo Ascierto ha anche testato con ottimi riscontri sui pazienti Covid il farmaco anti-artrite tocilizumab.

Ai 15 minuti e alla tempistica del contagio aveva fatto oggi riferimento anche il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri. “L’App per il contact tracing farà scattare l’alert quando ad esempio il signor Rossi avrà avuto un contatto stretto per più di 15 minuti con una persona positiva. Gli scienziati ci dicono che il tempo minimo certo per essere a rischio contagio in caso di contatto con una persona positiva è di 15 minuti. La distanza considerata a rischio oscilla fra un metro e due metri. Ma è bene considerare il limite massimo”, aveva dichiarato Arcuri nel punto stampa.

Che l’esposizione e la tempistica al contagio fosse rilevante nella trasmissione del virus lo avevano evidenziato anche degli studi. Quello dei dottori Joshua D. Rabinowitz e Caroline R. Bartman, ricercatori di chimica che sul New York Times avevano spiegato come non tutte le esposizioni al coronavirus fossero uguali. E che a fare la differenza fosse proprio la quantità di virus con cui si entra in contatto. “Come per qualsiasi altro veleno – avevano spiegato – i virus sono di solito più pericolosi in quantità maggiori. Piccole esposizioni iniziali tendono a portare a infezioni lievi o asintomatiche, mentre dosi più grandi possono essere letali”. Da lì si era formulata la cosiddetta regola dei “sei secondi”.