Cosa è ChatGPT e come funziona: la prova prima del blocco in Italia

Anche io, preoccupato della paventata fine dell’umanesimo, ho fatto alcuni esperimenti letterari per certi aspetti strabilianti con ChatGPT (mi dicono invece che il software funziona pochissimo per gli esercizi di matematica). Si tratta dell’ultima frontiera dell’Intelligenza Artificiale, un chatbot gratuito sviluppato da OpenAI e progettato per simulare conversazioni tra umani (probabilmente si sostituirà a Google stessa), basato su machine learning (apprendimento automatico: a ogni richiesta che gli viene fatta apprende qualcosa) e sulla seconda generazione di reti neurali. Può scrivere brani musicali (ad es. una improvvisazione jazzistica su una tonalità determinata), poesie, racconti, articoli, recensioni, favole, tesi di vario genere, saggi, ricette.

Provvista di 175 miliardi di parametri, sembra non avere limiti. Inoltre, rassegnatevi: tutte le vecchie obiezioni “umanistiche” alla AI sembrano obsolete, dato che qualche anno fa una macchina (AlphaGo, programma della Google Deep Mind) ha battuto un essere umano non solo agli scacchi ma al gioco cinese del Go, imparando dalle mosse altrui. Si tratta non solo del gioco forse più complesso inventato dall’uomo ma richiede intuito, immaginazione, improvvisazione, etc., tutte qualità “umane”! che sembrerebbero sfuggire a una idea solo computazionale della intelligenza artificiale. Ho chiesto a ChatGPT di scrivere un racconto “al modo di Carver” ambientato in Italia, durante il Covid. Ecco il risultato:

Era il 2020 e il mondo era sconvolto dalla pandemia del Covid-19. L’Italia era uno dei paesi più colpiti al mondo, con migliaia di persone che venivano infettate ogni giorno. Le strade erano deserte e le città erano silenziose. In una piccola città del nord Italia, c’era un uomo di nome Marco. Era un uomo semplice, con una vita tranquilla e ordinaria. Lavorava come autista di autobus e viveva da solo in un modesto appartamento. Ma la pandemia aveva cambiato la sua vita in modi che non avrebbe mai immaginato. Un giorno, Marco iniziò a sentirsi male. Aveva la febbre alta, il mal di testa e la tosse secca. Si rese conto che era stato infettato dal virus e decise di auto-isolarsi per evitare di diffondere la malattia ad altre persone.

Passarono i giorni e Marco si sentiva sempre peggio. Non riusciva a mangiare o dormire e la sua tosse diventava sempre più forte. Ma non aveva nessuno con cui parlare o a cui chiedere aiuto, perché tutte le persone che conosceva erano in quarantena o ospedalizzate.Una sera, Marco sentì bussare alla sua porta. Era il suo vicino di casa, un uomo anziano di nome Giovanni. Giovanni era un uomo saggio e rispettato nella comunità e Marco era felice di vederlo. Ma Giovanni non era lì solo per una visita. “Marco, ho sentito che sei malato. Ho portato della minestra per te. Devi mangiare qualcosa per avere la forza di combattere la malattia”, disse Giovanni. Marco era commosso dalle parole del vicino e mangiò la minestra con gratitudine. Era la prima volta in giorni che aveva mangiato qualcosa di caldo e saporito. Ma il gesto di Giovanni significava molto di più di una semplice minestra. Significava che c’era ancora speranza e umanità in un mondo in cui sembrava che tutto fosse perduto.Grazie all’aiuto di Giovanni e delle persone che lo circondavano, Marco riuscì a superare la malattia. Ma il suo spirito era stato cambiato per sempre. Aveva imparato che anche in tempi difficili come quelli del Covid, l’umanità e la solidarietà potevano ancora fiorire e dare speranza a chiunque ne avesse bisogno.

Ora l’interrogativo è: qui c’è Carver? Sì e no. C’è sicuramente la maniera di Carver, certi tic stilistici, certe costanti tematiche. Siamo vicini a una parodia di Carver: quel “qualcosa di caldo e saporito” sembra tratto di peso da uno dei suoi racconti. Cosa manca? L’anima? La persona? L’emozione? La sorpresa? Probabilmente un po’ tutte queste cose, però mi chiedo anche: non possiamo escludere la creazione di un altro software più evoluto, più sofisticato, capace di replicare di Carver non solo la “maniera” ma anche il suo nucleo emotivo profondo?

Ho poi chiesto allo chatbot di scrivere un racconto “al modo di Pirandello”, “al modo di Maupassant”, poi “di Cechov” e ancora “di Poe”, sempre sullo stesso argomento. In ciascuno dei racconti della macchina ritrovo un segno degli autori (sia formale che contenutistico), ma davvero molto in superficie. E soprattutto: hanno tutti finali edificanti! Va bene che gli “architetti” californiani di ChatGPT hanno messo, prudentemente, filtri etici, ma così siamo alla negazione della verità letteraria, che è per sua natura ambigua, disturbante, anticonvenzionale, etc. Non può essere confortevole e rassicurante perfino Edgar Allan Poe! Non è solo un problema di miglioramento delle prestazioni. Così si toglie il pungiglione all’intera cultura. Credo però, verosimilmente, che già ci siano in giro delle chat senza filtri etici e senza codici di politically correct, create da ragazzi terribili che somigliano più all’”infame Franti” che agli scout filantropici di ChatGPT. Dunque dotate di algoritmi “sconvenienti”, capaci di produrre racconti inquietanti e destabilizzanti per il lettore. Basta aspettare.