Vero è che ormai, oltre alle culture critiche, gran parte di quelle accademiche denunciano la gravità delle diseguaglianze e il loro crescente rivelarsi come un potente fattore di crisi della democrazia. Persino un consesso di Ceo delle più importanti imprese del mondo si è dichiarato molto preoccupato del fenomeno e ha proposto una correzione nei comportamenti delle aziende. Intanto le diseguaglianze si consolidano e, anzi, si accentuano. La politica, come le tre scimmiette, non vede, non sente, non parla. Certo conta il fatto che le denunce non raggiungano quasi mai la causa prima che genera le diseguaglianze, che è una causa che risale alla natura stessa del capitalismo finanziario globale che, a differenza dello stesso capitalismo che lo ha preceduto non tollera alcuna politica re distributiva.

Tuttavia, è decisivo nel determinare l’impressionante contrasto tra la vastità della denuncia del fenomeno e la totale mancanza di leggi e provvedimenti atti a  combatterlo, l’assenza di un qualsiasi dibattito pubblico sulla inderogabile necessità, per poterlo realizzare, di un piano organico e di medio periodo, di una programmazione, appunto, nella quale entrino a pieno titolo, insieme, la dinamica salariale, le nuove necessarie fonti di reddito pubblico, una grande riforma fiscale, il contrasto alla rendita, la determinazione del ventaglio retributivo e di reddito socialmente accettabile. Il lavoro, l’ambiente e l’eguaglianza, in questa dolorosa transizione, reclamano una programmazione forte per poter uscire dalla drammatica crisi.

La risposta della politica è ancora un silenzio mortale. Eppure questa potrebbe non essere la risposta definitiva. Se non si può contare sulle varie specie di riformisti dall’alto, si può sempre contare sull’imprevisto. Intanto, in questo deserto della politica istituzionale, vorremmo poter interpretare diversamente da come l’ha letta il Presidente del Consiglio, la recente proposta avanzata dal segretario della Cgil, Maurizio Landini. Vorremmo interpretarla non come una proposta inattendibile, e, come è già accaduto foriera di grossi guai, una proposta di patto tra i produttori da realizzarsi sotto l’egida del governo, ma, al contrario, come una domanda di programmazione. Vorremmo interpretare la proposta del segretario della Cgil come la richiesta di mettere all’ordine del giorno della politica una nuova politica di programmazione.

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Politico e sindacalista italiano è stato Presidente della Camera dei Deputati dal 2006 al 2008. Segretario del Partito della Rifondazione Comunista è stato deputato della Repubblica Italiana per quattro legislature ed eurodeputato per due.