Quali sono i risultati?
Dalla Cop30 all’ultimo G20, baci, abbracci e nessun accordo concluso. I leader globali inquinano il pianeta per spostarsi
La prassi degli incontri ad alta partecipazione sta mostrando la sua inefficienza
Il mondo sta cambiando. In peggio o in meglio? Staremo a vedere; ma certamente sembrano esauste alcune ritualità che avevano dato forza e forma al diritto internazionale e alla democrazia, per come li avevamo conosciuti. E non è solo la Vecchia Europa a essere al capolinea. Basta guardare all’inconcludenza dell’ennesima Cop, la conferenza sul clima svoltasi quest’anno in Brasile, sulla soglia della foresta amazzonica. E c’erano rappresentati 200 Stati, non solo europei, ovviamente, tutti titolari di un diritto di veto.
C’è qualcosa, in questi riti collettivi, che non funziona più. E hanno finito per avere ragione gli Stati che avevano scelto di inviare delle rappresentative di secondo (o terzo) livello. Come si fa a procedere nelle decisioni, quando si richiede l’unanimità (questo vale anche per l’Unione europea)? Non è facile decidere se consegnarsi al voto di maggioranza, ma certamente l’unanimismo è poco efficiente. Nonostante questo indecisionismo, figlio di una incapacità di trovarsi d’accordo, non c’è evento internazionale – la Cop30 così come il G20, gli Ecofin o le assemblee dell’Onu – che non cominci con una interminabile sequela di incontri che sembrano andar ben oltre una prevedibile cordialità. Non si usa più la virile stretta di mano, ma si è acquisita l’abitudine, che avevamo imparato a vedere ai tempi dell’Urss e dei suoi alleati del Patto di Varsavia, negli anni Settanta: abbracci e baci (triplici e sulla bocca).
Prima e dopo i vertici internazionali sembra che i partecipanti siano collegati da un’amicizia affettuosa, che farebbe presagire una sintonia e un comune sentire capace di stipulare accordi e trattati a ogni piè sospinto. Ma è tutto il contrario. Baci e abbracci a parte. De Gasperi, Adenauer e Schuman – i tre padri della Comunità europea – non sono mai stati sorpresi in atteggiamenti più che formalmente cortesi, nonostante fossero tutti e tre ferventi cattolici, il che avrebbe potuto introdurre comportamenti “fraterni” e quindi persino affettuosi, magari non fino al bacio, ma a un abbraccio caldo e insistito sì. Invece no. Hanno mantenuto un formale distacco, accompagnato però da una sostanziale capacità di andare d’accordo sulle questioni essenziali.
Ma nemmeno Stalin, Churchill e Roosevelt a Yalta si lasciarono andare a comportamenti camerateschi, pur riuscendo a tracciare il percorso di uscita dal secondo confl itto mondiale. Insomma, queste triadi di protagonisti della storia hanno segnato il futuro loro, dei loro Paesi e del mondo intero, stipulando accordi e trattati che hanno cambiato il volto del pianeta, senza dover ricorrere a smancerie inconcludenti. Al netto della rappresentazione di un costume che esalta una rituale prossimità, c’è probabilmente un problema serio per la democrazia, come è stato segnalato da molti osservatori.
Certamente è palpabile la dimostrazione di una crescente inefficienza dei modelli ad alta partecipazione. Un vertice, un incontro, una conferenza internazionale, se non produce intese e accordi diventa uno spreco colpevole di tempo e di risorse. Se un summit non si trasforma in un accordo è stato un fallimento costoso, e diventa la dimostrazione patente di una sconfi tta organizzativa e politica. A Silvio Berlusconi capitò spesso di essere accusato per la sua irritualità, per le corna esibite sul capo di un collega alla foto istituzionale, per le telefonate interminabili che costringevano altri Capi di Stato ad attendere i suoi tempi, per il gioco a nascondino che continuava anche di fronte alla regina Elisabetta. Era meglio la sua irriverenza o questo formalismo appiccicoso di baci e abbracci senza costrutto? Qualche strappo alla melassa ipocrita dei codici di comportamento affettuosi, lo stiamo vedendo.
Nello scorso mese di febbraio, in diretta tv, abbiamo assistito a una scena inimmaginabile alla Casa Bianca, con l’irritazione formale e sostanziale di Donald Trump verso il leader ucraino Volodymir Zelensky. Ma c’è ancora molto da fare e da disfare, a prescindere che si tratti di una evoluzione positiva o negativa. Certamente qualche ipocrisia di meno sarebbe auspicabile: è stato bizzarro vedere i leader di alcuni Paesi arrivare alla Cop30 a bordo dei propri jet privati, consumando qualche tonnellata di Co2. Così come è curioso assistere alla ferocia arcigna di alcuni provvedimenti Ue per imporre risparmi virtuosi (i limiti del riscaldamento delle abitazioni o della doccia) e poi mantenere i sovraccosti di due sedi del Parlamento europeo (Bruxelles e Strasburgo) che consumano, solo per gli spostamenti di persone e documenti, oltre 20mila tonnellate di Co2 l’anno (un’auto media consuma 86 chilogrammi per coprire la distanza tra Milano e Napoli). Ma quanto ci costano i baci e gli abbracci dei leader di mezzo mondo?
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