Dante e Ziggy incontro nel segno della metamorfosi

Cosa legittima l’accostamento, apparentemente arbitrario, tra Dante e David Bowie, che ho proposto a Civitanova – festival di Popsophia – il 30 di luglio? Anzitutto: Bowie tra i suoi 100 libri preferiti, nel 2013, ha messo solo due titoli italiani: il Gattopardo e l’Inferno di Dante (oltre allo Straniero di Camus, a Sulla strada di Kerouac a tutto Stephen King…). E poi: la centralità del tema della metamorfosi. Tutta la Commedia dantesca è un invito alla metamorfosi e alla conversione. In Bowie il gioco vertiginoso dei mutamenti – che proviene dal mondo antico (Ovidio, Apuleio) – irrompe nel rock: uomo delle stelle, astronauta perso nello spazio, androgino, metà uomo e metà cane, vampiro, presenza spettrale.

Nella Divina commedia ci sono tre metamorfosi umane, due – mostruose – all’inferno (in pianta e in animale), e poi la metamorfosi ultima – divina – , nel paradiso. Si passa prima dall’umanità a un grado più basso e poi dall’umanità a un grado più alto. Ripassiamole velocemente.

Inferno, canto XIII: attraversiamo una fitta selva nel VII cerchio (i violenti), secondo girone, dove i suicidi sono trasformati in alberi: poiché si separarono dal proprio corpo vengono regrediti ad un ordine biologico inferiore, quello delle piante. Dante non concede nulla all’etica stoica del suicidio (per quanto poi metterà – contraddittoriamente – Catone, suicida, in purgatorio come custode, in quanto simbolo della libertà) e si attiene cristianamente alla posizione di sant’Agostino. Anche se la statura del personaggio che incontra, il giurista e letterato Pier delle Vigne (notaio alla corte di Federico II), e il fatto che il suo gesto fu indotto dall’odio altrui (diventò oggetto di calunnia) fa pensare a una consapevolezza tragica. Nel canto apprendiamo che nel Giorno del Giudizio le anime dei suicidi riprenderanno il loro corpo ma questo corpo resterà appeso agli alberi del bosco. Il contrappasso è palese: i suicidi hanno degradato se stessi e dunque sono riportati a un ordine inferiore della scala biologica.

Inferno, canto XXV: ci troviamo a Malebolge, ovvero il terribile VIII cerchio, nella settima bolgia, dove in un groviglio di serpenti appaiono i ladri. Trasformati in cenere e poi risorti, confusi con i serpenti. Non riconobbero in vita la persona di coloro cui rubarono, e ora non vengono riconosciuti e sono condannati a strisciare. Non si tratta solo di un attentato alla proprietà altrui (la quale è fondata sul diritto naturale) dunque per Dante – lettore fedele di san Tommaso – un peccato gravissimo in quanto disgrega la società. Piuttosto se, come suggerisce il teologo Romano Guardini, il furto è «sottrazione di cose che stavano in stretto rapporto con l’io personale», e che permettono all’io di conservare la sua forma, allora ne consegue che i ladri, trafitti dal serpente e intrecciati con lui, perdono la propria forma e sono ridotti in cenere). Il male è sottrazione di realtà.

Paradiso, canto I. Il verbo “trasumanare”, andare oltre i limiti dell’umano, lo troviamo subito in apertura di paradiso: «Trasumanar significar per verba / non si poria». Bellissimo neologismo, in una cantica che ne è piena: si pensi solo ai verbi formati da possessivi: “intuarsi”, “inmiarsi”, “insusarsi”… Quel verbo dovette piacere molto a Pasolini, che lo mette nel titolo della sua ultima raccolta di poesie (Trasumanar e organizzar), e che peraltro ritiene che l’essere umano debba andare oltre la propria natura, come dimostra la parabola del fico (Cristo condanna l’albero del fico perché non dà i frutti a marzo, quindi fuori stagione!).

Bowie ha scritto due splendide canzoni che incrociano il nostro discorso. Nel 1969 Space oddity, in cui l’astronauta Major Tom vede dallo spazio la Terra “blu” (che significa anche triste), e sappiamo che Dante in paradiso (canto XII) vede dal cielo dei Gemelli il nostro pianeta, «l’aiuola che ci fa tanto feroci». Poi nel 1972 scrive Starman dove l’uomo delle stelle, un astronauta (c’è chi dice un extraterrestre) che entra in contatto radio con i giovani della Terra, promette loro di salvare il pianeta. Space oddity la compose dopo aver visto 2001, Odissea nello spazio nel 1968. Ho sempre pensato che l’ascesa rapinosa di Dante nel mare di luce del paradiso fosse analoga al viaggio vertiginoso dell’astronauta David Bowman nella scena finale del film di Stanley Kubrick (che conosceva la Summa theologiae di san Tommaso). Ora, Kubrick, proprio come Dante, è una mente fortemente geometrica, razionale (nella sequenza multicolore del tunnel sfilano accanto a panorami di mondi sconosciuti degli ottaedri, mentre Dante nell’ultimo canto del Paradiso si paragona a un geometra) attratta però dall’esperienza mistica dell’ineffabile (quello di Bowman è un sonno estatico). Bowman vede se stesso simultaneamente invecchiato e regredito a feto. La scena finale prelude a una rigenerazione, potremmo dire ad un trasumanare, ad una salvezza appena prima di morire: la forma finale della mutazione è quella del “Bambino delle stelle”, e come sappiamo la Commedia si conclude con la parola “stelle”.

Dante, Kubrick e Bowie non sono dei teologi ma dei poeti: ci danno l’emozione di una esperienza profonda, che ciascuno di noi può fare. Le loro sono “visioni”: da una parte straordinarie ma dall’altra vicine alla vicenda dell’everyman, del lettore o spettatore o ascoltatore comune. Tutti ci invitano a una metamorfosi, e si tratta di metamorfosi verso l’alto, verso la salvezza, non la metamorfosi degradante del racconto di Kafka (l’unica che la letteratura moderna abbia immaginato, a parte Pinocchio). Dentro la suprema visione di Dante è in gioco, almeno per un lettore di oggi “senza fé”, la nostra stessa parte divina. «…noi siam vermi / nati a formar l’angelica farfalla» (Purgatorio X). Il terzo dei misteri, nell’ultimo canto del Paradiso, è proprio la visione in Dio della “nostra effige”. Sempre troviamo in Dante una idea del destino alto dell’umanità, creata per trascendersi, per “trasumanare”. L’uomo delle stelle di Bowie aspetta in cielo invitandoci a “non sprecare quest’occasione”. La sua “danza cosmica” sembra per un momento animata dall’amore che muove il sole e le altre stelle.