“De Magistris sbaglia, sul patrimonio bisogna aprirsi a imprese e università”, parla l’ex assessore Cammarota

«Perché mai il patrimonio immobiliare della nostra città dovrebbe essere affidato solo a soggetti pubblici? Le sfide della modernità e la necessità di un’amministrazione efficace ed efficiente, ormai, impongono il coinvolgimento dei privati»: Osvaldo Cammarota non ha dubbi su come debba essere gestito un settore così delicato e strategico per il Comune di Napoli. Assessore dal dicembre 1981 al luglio 1983, Cammarota è stato tra i primi a sostenere l’affidamento della gestione del patrimonio comunale a una società privata esterna.

«Già nell’ultima fase della giunta Valenzi – spiega Cammarota – risultò evidente come l’amministrazione degli immobili comunali non producesse ricchezza né utilità sociale, ma solo svantaggi. In quel momento fu chiaro che solo i privati avrebbero potuto garantire maggiori efficienza ed efficacia perché in possesso delle competenze, delle conoscenze e delle esperienze necessarie». Di qui la riforma che, qualche anno più tardi, avrebbe portato il Comune ad affidare il proprio patrimonio immobiliare a Romeo gestioni e a sperimentare un nuovo rapporto con i privati: questi ultimi gestivano il servizio mettendo a disposizione il proprio know-how, mentre Palazzo San Giacomo esercitava un forte ruolo di indirizzo e controllo «perché – sottolinea Cammarota – settori come patrimonio e sanità sono presìdi di democrazia e di giustizia sociale e, come tali, non possono essere abbandonati alle sole logiche di mercato».

Fatto sta che la strategia si rivelò vincente. Numeri alla mano, nel 1990 alla Romeo gestioni furono affidati 5mila immobili comunali che producevano incassi per 4,5 miliardi e spese per 14 miliardi di lire. Nel 2012, alla scadenza dell’ultimo accordo con il Comune, Romeo gestioni consegnò un inventario in cui figuravano ben 65mila immobili che producevano introiti per 62 milioni di euro. L’apertura ai privati non incontrò la resistenza nemmeno delle frange più oltranziste del Partito comunista che all’epoca governava Napoli e di cui Cammarota era un esponente di rilievo: «Già negli anni Ottanta – racconta – il Pci si era mostrato aperto a comprendere l’apporto dell’imprenditoria privata nell’economia e nell’amministrazione pubblica. Se un Comune ha una risorsa ma non dispone degli strumenti per ricavarne un’utilità sociale, ha il dovere di aprirsi a modelli di gestione più moderni ed efficaci, senza avere paura dei privati».

Con l’avvento di de Magistris, la prospettiva si è capovolta. Il sindaco arancione ha internalizzato la gestione del patrimonio immobiliare affindandolo alla società in house Napoli Servizi: una scelta dettata dall’ideologia, ma di certo non foriera di buoni risultati. Nei tre anni successivi alla scadenza dell’accordo con Romeo gestioni, infatti, Palazzo San Giacomo ha dismesso solo 25 immobili a fronte degli oltre 3mila alienati dalla società privata nel solo 2012; la morosità ha superato il 56% e, come dichiarato dall’ex amministratore unico di Napoli Servizi Domenico Allocca, gli incassi legati alla gestione del patrimonio immobiliare sono stati meno della metà di quelli registrati durante la precedente gestione.

Non è andata meglio in seguito: nel 2019, secondo quanto riportato dalla testata indipendente Gente d’Italia, le case vendute non hanno superato le 120 unità sulle circa 21mila e 500 messe in vendita e gli incassi non hanno superato i 4,5 milioni di euro a fronte di un valore stimato dei cespiti pari a circa un miliardo e mezzo. «De Magistris si è dimostrato attento a coltivare gli interessi della base elettorale, meno a ripristinare i principi della corretta amministrazione – chiosa Cammarota – I numeri relativi al patrimonio e le condizioni in cui versa il centro storico, dove circa un terzo degli edifici è di proprietà comunale, dimostra come Napoli abbia fatto un passo indietro nella gestione del proprio patrimonio nel momento in cui questa è stata internalizzata».

La sfida per il futuro, dunque, non è azzerare il rapporto pubblico-privato, ma rivisitarlo avvalendosi di tutte le competenze utili e utilizzando le risorse in modo razionale: «Bisogna aprirsi non solo ai privati, ma anche alle università e ai centri di ricerca che sono spesso collegati al mondo dell’impresa – conclude Cammarota – Solo così un settore strategico come quello del patrimonio immobiliare tornerà a produrre ricchezza e utilità sociale per i napoletani».