Il decreto firmato dai Ministri De Micheli, Lamorgese, Di Maio e Speranza è un boomerang, perché non raggiunge l’intento di impedire lo sbarco alle navi che effettuano un soccorso marittimo ed invece potrebbe approdare ad effetti non desiderabili, mettendo in scacco l’intera portualità. Infatti, il presupposto della interdizione, secondo la Convenzione Unclos invocata, è che la nave straniera rappresenti un pericolo per la comunità costiera, non il contrario. La norma emanata ieri, invece, assume che i porti della Repubblica potrebbero rappresentare un pericolo per la vita e l’integrità fisica delle persone che sono a bordo delle navi (soccorritrici), perché non si può escludere che in ambito portuale vi siano persone infette.
Ma è chiaro che identico pericolo deve ritenersi esistente anche rispetto a ogni altra nave. Ne consegue logicamente e giuridicamente che tale regola, generale ed astratta, deve trovare applicazione nei confronti di qualsiasi nave straniera, ivi comprese le navi di bandiera comunitaria. Nella drammatica emergenza sanitaria che stiamo vivendo, la tutela della salute pubblica è prioritaria ma essa non può diventare un escamotage per ripercorrere sentieri di inciviltà che dovevano essere consegnati al passato. Il Governo in carica ha ricevuto la fiducia di chi scrive e quella di molti altri parlamentari, anche in funzione della promessa discontinuità rispetto a quello precedente.
È sempre difficile per tutti ammettere i propri errori, ma ogni volta che ciò accade, si dovrebbe valutare con benevolenza la dignità di chi avendo riflettuto sul proprio ruolo ed avendo messo in secondo piano il proprio ego, giunga ad ammettere responsabilmente anche macroscopici sbagli, recedendo rapidamente, con un comportamento attivo, chiaro e conseguenziale. Quel decreto, quindi, deve essere ritirato.
