Doveva essere la manovra che avrebbe fatto cambiare passo alla Capitale. Ma, al momento, il pacchetto “Caput mundi” del Recovery fund si è trasformato in una doccia fredda per Roma. Dei 10 miliardi di euro (circa) previsti per Roma Capitale (e Giubilare) dal governo Conte bis sono rimasti i 500 milioni (e spiccioli), gli unici salvati dal governo Draghi. Tutto il resto pare sia stato cancellato o comunque rinviato alle linee di finanziamento tradizionali della manovra di bilancio: salvi i fondi per la funivia del sindaco Raggi tra Boccea e Casalotti. La denuncia è del senatore Francesco Giro che ha fatto i conti degli stanziamenti per Roma: “Il Recovery Plan era senz’altro più congeniale per rilanciare la Capitale proprio per la sua impostazione fortemente innovativa, tesa alla transizione ecologica, alla rigenerazione urbana e all’efficientamento energetico. Eppure Conte è pugliese, ma Draghi è romano, e da lui ci saremmo attesi per Roma non tagli ma casomai risorse in più.  E invece nulla è previsto per ammodernare il ciclo dei rifiuti che da problema potevano finalmente diventare – all’interno dell’ottica del Recovery – una grande risorsa per la vita dei cittadini romani e una bella opportunità di sviluppo economico e di nuovi posti di lavoro. Con i fondi del Recovery si potevano costruire almeno due nuovi impianti Tmb per trattare l’immondizia indifferenziata”.
LA BEFFA DEI TRASPORTI
Tagliati gli stanziamenti per  le metro C e D e per l’Alta Velocità Roma-Fiumicino. Ma la ciliegina sulla torta, anzi la beffa finale, è aver infilato la realizzazione della funivia Casalotti-Battistini che da sola ci costerà 212 milioni. Se Conte non ebbe il coraggio di finanziarla con i soldi europei invece Draghi lo ha fatto cancellando tutto il resto e lasciando appunto i 500 milioni del Caput Mundi per ripulire parchi, ville storiche e itinerari religiosi.

«Come ho scritto e detto tante volte, in nessun paese al mondo si cresce a discapito della propria capitale. Al contrario: le aree metropolitane trainano lo sviluppo economico e sociale delle nazioni, tanto più nel nostro tempo di intensa urbanizzazione», continua Tobia Zevi nel suo post. «La sconfitta di Roma è anche quella della classe dirigente locale che non riesce a farsi ascoltare. Oggi dovremmo essere tutti uniti nel chiedere al Governo un ripensamento, al di là degli schieramenti politici e delle simpatie personali. A Roma serve un grande piano di infrastrutture e un grande piano di manutenzioni. Il servizio attuale – soprattutto in tema di mobilità – non è all’altezza di una capitale europea, e gli standard di sicurezza sono assolutamente a rischio anche a dispetto di investimenti pubblici fatti negli anni scorsi. Occorre agire. Tutti insieme. E subito», conclude.

Sofia Unica

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