Ecco cosa succede a chi fa il saluto romano: per la Cassazione è apologia di fascismo. “Applicare la legge Scelba”

A chi fa il saluto romano va contestata la legge Scelba sull’apologia del fascismo. È la decisione delle sezioni unite della Cassazione che hanno disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016 in ricordo di Sergio Ramelli.

La decisione della Cassazione sul saluto romano

La Cassazione, nelle informazioni provvisorie, ha affermato che “la ‘chiamata del presente’ o ‘saluto romano’ è un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall’articolo 5 della Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Inoltre, per i giudici “a determinate condizioni può configurarsi” anche la violazione della legge Mancino che vieta “manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. I due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge”.

Il saluto romano, cosa dice l’articolo 5 della Legge Scelba

“Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell’articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni”. Questo è l’articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, citato dalla Cassazione in relazione al saluto romano.