Ma che cos’è il diritto alla difesa? È forse il diritto del singolo di contestare l’accusa che gli imputa la commissione di un delitto? No: il diritto di difesa è anche incidentalmente questo, ma sopra tutto è il diritto dell’individuo a non essere inerme mentre il potere pubblico esercita la propria violenza. La violenza del processo e la violenza del giudicare. Se non si capisce bene questo, se cioè non si comprende che non si tratta di difendere il cittadino da un’accusa eventualmente ingiusta, ma dall’ingiustizia inevitabilmente implicata in qualsiasi accusa, dall’ingiustizia connaturata nel fatto di accusare e giudicare, allora non si capisce nulla e quella dicitura, “diritto alla difesa”, resta la formula retorica platealmente contraddetta dal corteo di violazioni che ci accontentiamo di definire “mala giustizia” e invece costituisce il portato necessario di quell’incomprensione.

L’accusato, per il solo fatto di essere tale, e sia egli innocente o colpevole, è una vittima: è vittima dell’ingiustizia rappresentata dal potere di accusare e giudicare, ed è in tale veste, in veste di vittima, che occorre proteggerlo. È perché l’accusato assume quella veste che si giustifica il diritto alla difesa: non perché, come superficialmente si dice, lo Stato potrebbe abusare del proprio potere muovendo accuse infondate, ma perché l’abuso sta in quel fatto stesso, il fatto di accusare e giudicare. E un vero avvocato dovrebbe sentirsi investito innanzitutto di questo diverso mandato: assistere il proprio cliente nella soggezione a quell’abuso.

Che poi si tratti di un abuso necessario, perché inevitabilmente funzionale al vivere civile, non revoca l’intrinseca ingiustizia del sistema che conferisce a qualcuno il potere di assoggettare un individuo al giudizio di Stato. L’idea di intestare “al popolo” l’emissione di una sentenza è già abbastanza discutibile, perché rimanda perfino esteticamente alla giustizia di piazza, ma diventa ripugnante quando si traduce in motivo di orgoglio, di sfrontatezza, di pompa, anziché di cautela e timorata umiltà, nell’atteggiamento di chi accusa e giudica. Ed ecco, dunque: il diritto di difesa dovrebbe essere apprestato innanzitutto per ridurre a umiliazione la giustizia.