Elezioni Regionali, campo largo unito solo su Gaza. De Luca umilia Fico: “Io sono il 70%, lui il 9”

Il governatore della regione Campania Vincenzo De Luca negli studi di La7 durante la trasmissione L’aria che tira, Roma, Lunedì 8 Settembre 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Governor of Campania region Vincenzo De Luca during L'aria che tira tv program, Rome, Monday, September 8, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)

Il centrosinistra si presenta alle regionali di novembre con un obiettivo dichiarato: l’unità. Ma i primi segnali che arrivano dai territori raccontano una storia diversa. Tra vecchie ruggini, personalismi e liste parallele, l’avvio della campagna elettorale appare più come un campo minato che come una marcia compatta verso le urne.

In Campania il clima è già incandescente. Vincenzo De Luca non fa nulla per nascondere il fastidio verso l’ipotesi di una candidatura di Roberto Fico. Il governatore uscente parla chiaro: «Se qualcuno immagina di introdurre nella Regione Campania forme di ideologismo e stupidaggini del genere, ha sbagliato i conti». È l’ennesimo affondo contro i 5 Stelle, accusati di vivere di slogan e di trascurare la concretezza amministrativa. «Io rappresento il 70% dei cittadini campani, qualcun altro il 9%. Chi si deve adeguare ai programmi è chi rappresenta poco, non chi rappresenta la stragrande maggioranza», insiste De Luca. Una linea che non chiude solo la porta a Fico, ma che mostra tutta la distanza tra l’impostazione pragmatica del presidente e l’approccio movimentista dell’ex presidente della Camera.

In Puglia, invece, il fronte progressista si divide tra Michele Emiliano e Antonio Decaro. L’attuale governatore, dopo dieci anni di potere consolidato, non sembra intenzionato a farsi da parte. Decaro, sindaco di Bari, ha avviato la sua corsa con il sostegno di una parte del centrosinistra, ma il dialogo con Emiliano resta teso. Ufficialmente i due mantengono rapporti cordiali, ma la sfida interna è evidente: da un lato l’esperienza di Emiliano, dall’altro la voglia di rinnovamento incarnata dal primo cittadino di Bari. «Sto continuando ad ascoltare tutti gli attori, dai sindacati agli agricoltori. Le liste le seguono i partiti e i civici, io seguo la lista del presidente», dice Decaro. Una frase che sembra già una dichiarazione di autonomia.

In Calabria il centrosinistra deve ancora trovare un assetto. Il confronto tra il presidente uscente Roberto Occhiuto e lo sfidante Pasquale Tridico – in teoria la vera novità progressista – non decolla: l’ex presidente dell’Inps ha già saltato due appuntamenti pubblici, offrendo a Occhiuto l’assist per definirlo «irrispettoso».

In Veneto, invece, la sfida appare quasi simbolica: Luca Zaia, forte di un consenso consolidato, ha già fissato le date del voto, mentre l’opposizione arranca a individuare un candidato in grado di competere. In questo quadro incerto si inserisce la lista “Casa dei Riformisti”, pensata da Matteo Renzi come veicolo per Italia Viva. Un contenitore che, nelle intenzioni, dovrebbe ampliare il campo moderato ma che viene guardato con sospetto dai contiani. In Campania Roberto Fico l’ha detto senza giri di parole: «Vedo troppe liste». Una critica che sembra rivolta direttamente al progetto renziano, forse percepito più come un cavallo di Troia che come un contributo civico ed esterno alla politica. La verità è che Fico farebbe prima a dire quali liste gli vanno bene, piuttosto che continuare a enumerare quelle che non sopporta.

Il centrosinistra, insomma, parte diviso e appesantito da diffidenze reciproche. Ogni regione ha la sua partita, ma ovunque emerge lo stesso copione: rivalità personali che prevalgono sulla necessità di un fronte comune. A parole tutti invocano l’unità, nei fatti ognuno coltiva la propria rendita di posizione. Così, mentre la destra si prepara a difendere i suoi governatori forti – da Zaia a Occhiuto – il campo progressista rischia di presentarsi alle urne con un’arma spuntata: la frammentazione. Il test delle regionali dirà se la promessa di coesione è solo uno slogan o se, nonostante tutto, riuscirà a trasformarsi in realtà. Oggi, più che un fronte compatto, il centrosinistra sé una somma di voci dissonanti orientate non verso il centro ma dagli estremi. Avs, Cobas e Cgil dettano infatti l’agenda di questo scorcio di campagna elettorale: più i temi in agenda sarebbero concreti e stringenti e più loro tornano a parlare di Gaza.

Anche nelle Marche, dove il divario tra Matteo Ricci e Francesco Acquaroli appare più difficile da colmare di quanto credevano nel fronte progressista. Ed ecco allora le iniziative per la fine campagna regionale: Giornate di mobilitazione al porto di Ancona in solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza: oggi pomeriggio, alle 17.30 la Cgil ha convocato il presidio “Fermiamo le barbarie”, alla banchina 1 del porto di Ancona, al quale aderirà anche il dem Matteo Ricci, oltre a sigle come Arci, Anpi, Libera e Legambiente. Lunedì 22 settembre sarà la volta di “Blocchiamo tutto”, sempre ad Ancona. Non vorremmo diventasse ufficialmente lo slogan elettorale del centrosinistra.