La quarta visita ad Ankara di Kyriakos Mitsotakis, di lunedì 13 maggio, è stata per il primo ministro greco la più difficile degli ultimi dieci mesi. L’apertura al culto islamico della chiesa bizantina del Cristo Salvatore in Chora a Istanbul era diventato in questi giorni l’evento di politica estera più dibattuto in Grecia. I partiti di opposizione, tra cui il Pasok dell’ex primo ministro amico della Turchia Yorgos Papandreou, avevano chiesto all’unanimità a Mitsotakis di annullare la sua visita in Turchia. Il partito “Nuova democrazia” di Mitsotakis, arrivato al potere da solo ottenendo oltre il 40% di voti nel maggio 2023, sembra aver perso molto sangue nel giro di un anno, proprio come è successo all’Ak Parti al governo in Turchia.
Il vertice di lunedì 13 maggio tra il presidente turco Erdogan e il primo ministro greco Mitsotakis, presentato come una pietra miliare nel miglioramento dei legami tra le due nazioni storicamente ostili, è stato invece caratterizzato dalla vivace difesa di Hamas da parte di Erdogan, durante la conferenza stampa congiunta che ha fatto seguito al loro incontro e la rivelazione che oltre mille membri dell’organizzazione terroristica palestinese Hamas erano in cura in Turchia. “C’è una questione molto importante su cui non siamo d’accordo”, ha detto Erdogan ai giornalisti presenti.
“Non vedo Hamas come un’organizzazione terroristica, ma come un gruppo ribelle che sta cercando di proteggere i suoi territori che sono stati occupati dal 1947“. Erdogan ha fatto riferimento pubblicamente per la prima volta al 1947, quando l‘Assemblea generale delle Nazioni Unite propose e votò a maggioranza un piano di partizione della Palestina che previde l’istituzione di uno Stato ebraico e di uno arabo con Gerusalemme sotto controllo internazionale. Dunque il leader turco sembra su questo punto più in linea con Hamas che al diritto esercitato da Israele a costituire il proprio stato definita “entità sionista” che ha occupato terre dei palestinesi dal 1947 ed Erdogan sostiene che Hamas è un gruppo di resistenza che conduce una lotta per proteggere le terre palestinesi occupate dal 1948.
Poi ha lanciato una vera e propria bomba: “In questo momento sto seguendo Hamas passo dopo passo e ci sono più di mille suoi membri che sono tutti in cura nei nostri ospedali. Ecco cosa stiamo facendo per sostenere la Palestina”. Il leader turco non ha però spiegato come i militanti di Hamas siano giunti in Turchia. Alcuni media hanno successivamente citato funzionari di Ankara che avrebbero precisato che Erdogan si sarebbe espresso male riguardo ai terroristi di Hamas in cura nel paese, ma la direzione delle Comunicazioni presidenziali non ha smentito le parole del presidente.
Come sappiamo, Erdogan ha intensificato drasticamente i suoi attacchi verbali contro Israele dopo le elezioni locali del 31 marzo in cui il suo Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) al governo ha subìto una pesante storica sconfitta, in parte a causa del fatto che la sua base di fedeli musulmani ha ritenuto fiacca la reazione del governo turco riguardo all’intervento di Israele a Gaza. Da allora la Turchia ha formalmente interrotto ogni commercio con Gerusalemme e domenica 12 maggio Erdogan ha affermato che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha “raggiunto uno stadio nei metodi di genocidio che persino Hitler avrebbe invidiato”. Mitsotakis ha ammesso in conferenza stampa che “in particolare sul Medio Oriente vi sono molte differenze con la Turchia” e ha precisato che la Grecia considera Hamas una “organizzazione terroristica”.
Mitsotakis ha gestito abilmente lo sfogo di Erdogan dicendo: “Siamo d’accordo sul fatto che su tali questioni non siamo d’accordo”. I due leader hanno anche parlato calorosamente del loro incontro a porte chiuse durato sei ore, sottolineando l’importanza della nuova “agenda positiva” stabilita dalle parti e volta ad allentare le tensioni che hanno spesso portato i due tradizionali nemici-alleati della Nato sull’orlo del conflitto. I due vicini mirano ad aumentare il commercio bilaterale annuale a 10 miliardi di dollari dai 6 miliardi registrati lo scorso anno e hanno confermato l’istituzione di un consiglio d’affari greco-turco.
Entrambi i leader hanno fatto solo fugaci allusioni ai problemi cronici che tormentano da sempre i loro rapporti. In cima alla lista ci sono le differenze sui confini marittimi e sullo spazio aereo sopra il Mar Egeo. Più recentemente, erano esplose tensioni sui diritti di trivellazione, di prospezione dei fondali marini ed estrazione di idrocarburi nel Mediterraneo orientale che ospiterebbe grandi riserve di gas i cui giacimenti sono rivendicati da entrambe le parti, nonché da Cipro. Non vi è stata una svolta su queste dispute e non era nemmeno prevista. L’importante è però aver mantenuto aperti i canali di comunicazione.
