Estate Riformista
Essere un gruppo: graticci infernali o porzioni di paradiso. Dai nazisti alla potenza di una band Jazz
C’è un immensamente bello che coglie chi ascolta una big band jazz suonare dal vivo. Quella di Tommy Dorsey per esempio. O quella di Charlie Mingus. E ancora quella stupenda di Gil Evans: meraviglia ambulante di una potenza fortissima. Non c’era heavy metal che tenesse di fronte all’unisono a pieno volume della Gil Evans Orchestra.
I gruppi, le bande possono essere porzioni di paradiso o graticci infernali. E a fatti che rasentano l’orrore, compiuti da branchi di persone, non può un solo individuo rispondere, serve un popolo, una comunità. Ci sono le masse rivoluzionarie del proletariato, quelle con la coscienza di classe di cui parla Karl Marx; c’è l’uomo-massa del filosofo spagnolo Ortega y Gasset; c’è la massa che si forma per il timore degli individui di essere toccati individualmente dello scrittore Elias Canetti. Alla base della formazione di una massa ci sono quasi sempre miseria e paura, due sentimenti che producono inesorabilmente la necessità del nemico. Questi sentimenti possono maturare nel giro di qualche mese in un popolo grande come una nazione con un lavoro di propaganda politica che ripete all’infinito lo stesso messaggio, vero o falso che sia. Oppure possono balzare su all’improvviso in un moto di piazza, in un’ondata violenta di autosuggestione potente e feroce. Mentre un’orchestra è un soggetto unico di fili e tessuti differenti che si compongono assieme. Esprime una potenza che nessun solista riesce a eguagliare.
La massa si produce in due modi: lentamente o rapidamente. Del primo caso se ne occupa lo storico americano (dell’Illinois – coincidenza ribaltata per la citazione dal film The Blues Brothers: “ho sempre odiato i nazisti dell’Illinois”) William Sheridan Allen. L’autore spiega come si diventa nazisti in un libro dove racconta l’ascesa al potere di Adolf Hitler, avvenuta con un’elezione democratica nel 1933. Non fu una dittatura con la presa violenta del potere, ma una democratica volontà popolare. Per questo motivo, Allen non studia i gerarchi nazisti o le mosse strategiche del Führer, né il tornaconto politico-economico degli imprenditori e della classe media tedeschi. No, lui si concentra sul paese di Northeim, sulle sue poche migliaia di abitanti e ci racconta come sono diventati nazisti l’operaio della fabbrica e l’impiegato comunale, gente normale che nel giro di pochissimo tempo ha cominciato a non salutare più l’amico ebreo del palazzo accanto. Una sorta di discesa agli inferi rappresentata sull’orlo della normalità collettiva.
Del secondo caso se ne occupa lo scrittore francese Jean Teulé nella sua succinta e orrorifica storia dedicata a un ragazzo francese dell’aristocrazia di provincia che esce di casa per andare alla fiera di Hautefaye e nel giro di qualche ora, per una cattiva interpretazione di una sua frase, per un errore che rimbalza di bocca in bocca nel popolo del paese, che in quel momento si era riversato tutto in strade per la fiera, viene picchiato, torturato, fatto a pezzi, bruciato e infine mangiato dalla folla. Non è una storia di fantasia. Teulé racconta un fatto realmente accaduto il 16 agosto del 1870 nella Francia che aveva visto passare la Rivoluzione del 1789, quella del 1848 e viveva la cosiddetta “epoca dei lumi”, cioè il fondamento dell’Illuminismo e dei concetti di “liberté, egalité, fraternité”.
Il giovane gentiluomo uscì di casa per andare alla fiera del paese vicino, dopo qualche giorno sarebbe dovuto partire con l’esercito per difendere la Francia dalla Prussia. Inoltre aveva presentato un progetto per la bonifica delle zone paludose della sua provincia. Un ragazzo che tutti conoscevano, che andava alla fiera per stare insieme ai suoi vecchi amici. L’orrore si scatenò in pochi minuti. Il paese di Hautefaye composto da meno di cento abitanti nell’occasione della fiera era pieno di quasi mille persone. La popolazione analfabeta, stremata dalla carestia e angosciata dalla guerra contro i prussiani, trovò il suo capro espiatorio e individuò nel francese che tutti conoscevano, il giovane Alain de Monéys, un nemico, un prussiano, un oggetto da abbattere e distruggere. E così fanno, fino a mangiarlo. “Non so cosa mi sia preso”, fu la giustificazione di uno degli assassini. Nessuno sostenne di aver soltanto eseguito gli ordini. Tutti erano coinvolti, tutti furono colti da sorpresa più che da pentimento il giorno successivo, quando si accorsero di cosa era accaduto.
Dopo i fatti terrificanti si voleva abbattere il paese di Hautefaye, si volevano condannare a morte tutti i partecipanti alla violenza di massa (circa duecento persone), si voleva rendere giustizia e riconoscimento al giovane gentiluomo. Ma non accadde nulla di tutto questo. Il paese non fu distrutto, pagarono per la violenza soltanto alcune persone: quattro condannati alla ghigliottina, nove ai lavori forzati, otto alla reclusione di pochi anni. Alcuni condannati furono costretti a cambiare nome in quello del giovane, così che i figli degli assassini portarono il nome della vittima. Il 16 agosto 1970, i discendenti della famiglia del giovane gentiluomo e quelli degli assassini parteciparono insieme a una messa in memoria nella chiesa del paese.
Che cos’è stato il nazismo è evidente agli occhi del mondo. Ma chi erano i nazisti è più difficile da mandare giù, è più complicato da dire e soprattutto da accettare. La maggior parte delle persone “normali”, tipo quelle del paese tedesco di Northeim negli anni tra il 1930 e la fine della seconda guerra mondiale, così come quelle del paesino francese di Hautefaye nel pomeriggio del 16 agosto 1870, direbbero ancora oggi: “Non so cosa mi sia preso”. La gente presa tutta insieme può essere disumana e orridamente bestiale. Il jazz invece ci aiuta a ricostruire trame condivise di gentilezza e di tolleranza. E una massa di musicisti è forse l’unica massa che va bene a tempo con l’umanità profonda.
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