In Italia forse pochi si rendono conto del trauma e dello scandalo causato dalla decisione di Meghan Markle, la bella moglie “birazziale” del principe Harry, di fare le valigie, uscire dalla Royal Family, e i dorati castelli di casa Windsor e stabilirsi in America con pupa al seguito, senza stipendio e senza doveri istituzionali. Parenti, sì, ma alla lontana. È un fatto del tutto inconsueto, ma perché è così esplosivo? Che cosa c’è dietro?
Dietro, c’è proprio il fatto che Meghan sia una nera che sembra bianca. Ma che invece è proprio nera ed orgogliosa di esserlo. Poi, c’è il denunciato bullismo dei due primi principi della successione, William e Henry, i quali sono sospettati di aver alimentato la caccia alla strega Meghan Markle attraverso i feroci tabloid londinesi. Meghan se lo aspettava: “Amici inglesi mi avevano sconsigliato di venire, perché la Gran Bretagna sotto un mantello di political correctness è in realtà un Paese razzista con nostalgie imperiali”. Dichiarazione che ha scatenato putiferi e mobilitato anche le femministe americane. Meghan è una attrice della serie Suits – avventure legali e sentimentali – famosa da otto anni.
Inoltre, è schierata con la sinistra liberal americana, odia Trump con tutte le sue forze creando imbarazzi a Corte (dove la pensano quasi sempre come lei ma non possono dirlo) e infine non ha alcuna intenzione di finire la sua vita come una duchessina guardata come una curiosità zoologica: un broadcaster della BBC è stato licenziato proprio per aver pubblicato una immagine di Meghan con in braccio un piccolo scimpanzé. E proprio i tabloid l’hanno fatta a pezzi con centinaia di fotografie in cui lei incinta col pancione aveva sempre una mano sul pancione. Fra le righe si suggeriva che la ragazza provenisse da comunità in cui la gravidanza è vissuta con posizioni e gesti più vicini a una comunità tribale che reale.
Così Meghan ha posto un ultimatum al marito: o mi porti fuori da questo Paese che mi dà angoscia o il nostro matrimonio finisce male. La voce è corsa subito a Corte ed è cominciato un periodo litigioso e violento. Carlo, padre di Harry, è furioso col figlio cui ha regalato una fortuna affinché si sistemasse comodo e che si fa soggiogare dalla moglie americana che non capisce quanto siano importanti le sue responsabilità e quanto costoso il suo mantenimento. La vecchia regina l’ha presa male ma con calma: ne ha viste di tutti i colori da quanto Edoardo, fratello di suo padre, preferì l’americana divorziata Simpson al trono, abdicando e finendo persino nelle braccia di Hitler.
E poi ha vissuto la stagione degli scandali e degli amori della sorella Margaret bella, sexy, spiritosa e che le rubava la scena. Anche con il marito Filippo dovette accettare il fatto di trovare il suo nome fra quelli dei clienti di una casa d’appuntamenti frequentata da agenti sovietici. Poi la lunga vicenda di Carlo e Diana, Carlo e Camilla, Diana e i suoi amori e morte nell’apocalisse e nell’apoteosi di un genere di principessa di casa reale ancora sconosciuto anche nelle fiabe. Infine, buona ultima, la vicenda dell’inqualificabile ultimogenito principe Andrew, sospettato di essere nel giro dello sfruttamento del sesso minorile gestito da Epstein, che non ancora contento, ha gettato frango su tutta la famiglia con una miserabile intervista alla BBC.
Ma proprio Elisabetta che ne ha viste di tutti i colori, oggi è l’altra protagonista della storia nata con l’ingresso in casa reale di una attrice nata e cresciuta nei sobborghi neri di Los Angeles, divorziata, che considera gli inglesi in gran parte dei colonialisti razzisti. Oggi anche i più convinti repubblicani – e persino gran parte dell’opinione pubblica americana anche di origine irlandese – ammettono che la monarchia Windsor è un prezioso ammortizzatore della democrazia e che in definitiva, per quanto sia costosa, rende in termini di prestigio anche e specialmente perché sa affrontare gli scandali che la rendono molto popolare, più che hollywoodiana, e questa sembra essere la tradizione e il destino degli Windsor, i quali non si chiamavano affatto Windsor ma Sassonia-Coburgo-Gotha e che un secolo fa dovettero imparare a vivere e sopravvivere fra scandali e minacce.
All’inizio della Prima guerra mondiale quando dagli Zeppelin facevano piovere su Londra bombe che portavano inciso lo stesso loro nome tedesco, si ribattezzarono Windsor e lavorarono per crearsi un’immagine popolare e persino plebea, visto che l’aristocrazia li snobbava. Re Giorgio impedì nel 1917 a suo cugino lo Zar Nicola secondo (suo sosia e quasi gemello) di rifugiarsi a Londra perché i sudditi inglesi lo volevano morto e lasciò che finisse trucidato dai bolscevichi. La storia di Edoardo e della divorziata americana Wallis Simpson è nota: fu per causa sua che finì al trono il povero Bertie, padre di Elisabetta, balbuziente e goffo che non ne voleva assolutamente sapere (sulla sua incapacità di parlare fu realizzato il film The King’s speech) sconvolgendo la linea di successione. Linea che, tuttavia, ha retto proprio grazie alla ragazza Elisabetta che nei documentari si vedeva un po’ scapigliata mentre giocava a pallavolo coi marinai della Royal Navy durante il viaggio di ringraziamento ai sudditi africani che avevano combattuto per il Regno.
Oggi si è confermata una super istituzione: ha preso il controllo della procedura con cui stabilire ruoli, conti, proprietà e le regole con cui proteggere il copyright di famiglia, “the firm” la casa reale. Ha imposto una simulazione: i due dimissionari possono stabilirsi in Canada, che è sempre un pezzo di cuore inglese. Almeno all’inizio. Tutti sanno che Meghan vuole tornare a Los Angeles, ma dovrà farlo per gradi. Intanto, i canadesi si sono sentiti investiti dalla tentazione di accogliere un prolifico ramo mezzo americano della Royal Family e discutono di un imprevisto sogno sbocciato su media: avere una coppia reale regnante.
Ancora più incredibile è che dai domini britannici nei Caraibi si levino forti voci di protesta su giornali e social: «La duchessa nera è sangue del nostro sangue, la vogliamo nostra leader e sovrana». E ieri il compassato Wall Street Journal, il tempio cartaceo degli affari e dei repubblicani, suggeriva una rivalutazione della monarchia costituzionale capace di bilanciare le passioni e garantire dignità democratica. È una enormità se si pensa che gli Stati Uniti sono stati la prima Repubblica democratica al mondo, per questo detestati da tutte le teste coronate, e questa è la ragione per cui la First Lady non è banalmente la moglie del Presidente, ma una regina consorte, con funzioni e rango nelle istituzioni.
C’è da considerare anche che gli americani degli Stati Uniti detestano, ricambiati, gli americani del Canada. Quando fecero la rivoluzione, i lealisti monarchici fuggirono in Canada come i controrivoluzionari francesi nella Vandea. E nel 1812, quando gli inglesi attaccarono le loro navi perché non rispettavano il blocco dei porti nella guerra contro Napoleone, gli americani tentarono vanamente di conquistare il Canada. Lunga storia, ma geneticamente attiva anche nella memoria. E oggi, grazie alla “birazziale” Meghan e al suo amabile duca, Harry, la competizione si è risvegliata fino a trasmettere le sue onde emotive sui media australiani e persino in India dove i notiziari trattano la vicenda dei due dimissionari membri della casa reale, come un fatto della loro storia interna.
Ci saranno strascichi, querele dei principi contro giornali e giornalisti ficcanaso, pettegolezzi sul tesoro e gli affari, e poi la coppia comincerà probabilmente a pendolare finché, dopo la successione di Elisabetta, probabilmente, si stabilirà in America – Stati Uniti e Canada – dove agitare discussioni finora impensabili nelle ex colonie e nel Commonwealth, se sia meglio un presidente o un duca, una principessa dal genoma multiplo o una democrazia fatta solo di apparenze formali e scialbe, visto che a quanto pare la gente adora divertirsi con le regge e le teste coronate, purché facciano casino, facciano discutere e facciano vendere i tabloid popolari e scoppiare o social.
