Il primo giorno da Primo Ministro incaricato per Sébastien Lecornu non ha nulla di iconografico, nessuna ambizione particolare o inclinazione ad attribuire qualche chance al terzo Premier voluto dal Presidente Macron per salvare non solo la Francia ma anche la sua leadership da un baratro politico che si fa sempre più evidente. Ed è così che il nuovo Premier dopo essere stato l’uomo della “difesa”, l’ex gollista divenuto colonnello del macronismo, ora ha il compito arduo per non dire fatuo, di tentare l’ultimo salvataggio in extremis dell’agenda presidenziale.
Una nazione dilaniata
Lecornu che nel commentare su X la notizia della sua nomina ha voluto ringraziare il Presidente per la “fiducia” e il suo oramai predecessore per il “coraggio” si trova ora dinanzi all’immagine di una nazione dilaniata, e anche impaurita. La più grande paura viene da quei numeri a dir poco preoccupanti dell’economia, dal deficit e da un debito che assume sempre di più le forme di una zavorra, con una frammentazione politica che non permette scelte coraggiose e con un’opinione pubblica che della ricetta Bayrou non ha voluto sentirne parlare.
L’astio verso Macron
Di più c’è un astio verso il Presidente Macron crescente e ai limiti della stagnazione politica, non potendone gli avversari determinare la caduta fino al 2027 e non riuscendo il Presidente ad avere oramai la forza di reagire. In un paese sempre più polarizzato, con due forze radicali in forte crescita, il centrismo macronista non ha più né forza né ambizioni. Così l’annunciato autunno caldo, con manifestazioni e contestazioni riporta alla luce fantasmi del passato che non possono essere affrontati con ricette deboli o approssimative. Per il trentanovenne neo Premier la sfida è tutta in salita e passa per la difficile composizione di una maggioranza nell’Assemblea Nazionale tale da permettere al governo di approvare quelle finanziaria sui cui è caduto il governo della del democristiano Bayrou.
La sfida in salita “dell’ultima cartuccia del macronismo”
Per Marie Le Pen si tratta “dell’ultima cartuccia del macronismo” e dall’altra parte dell’emiciclo le fa eco l’acerrimo nemico a sinistra dell’inquilino dell’Eliseo, Jean-Luc Mélenchon che ha definito la scelta di Macron come “una triste commedia”. Così come dalle prime dichiarazioni sembra sfumare l’ipotesi di un governo formato da macronisti, gollisti e socialisti, quest’ultimi infatti hanno definito la mossa presidenziale come una vera e propria “provocazione”. Lo stesso segretario socialista Faure aveva chiesto un governo di sinistra e di certo il profilo di Lecornu non si presta ad interpretazioni in tal senso. Per quanto in politica l’impossibile è cosa assai rara, questa potrebbe essere l’eccezione che spiega la regola e dunque l’ultimo sussulto di Macron per evitare le urne potrebbe fallire sul nascere o peggio ancora debuttare con una sfiducia all’Assemblea Nazionale.
Il clima rovente
Questi sono momenti in cui la politica dovrebbe ragionare e meditare con serenità, ma il clima rovente, le oltre 430 manifestazioni in corso, e la crescente minaccia esterna proveniente da est, non sembrano favorire il clima ideale per trovare una quadra. A complicare la situazione per il fronte del Presidente sono i dati dei sondaggi elettorali, che in caso di ritorno alle urne – sempre più probabile – vedono il RN di Bardella e Le Pen al 35%, e questa volta i cordoni all’origine del caos odierno potrebbero non bastare. La tattica in politica è legittima, ma anche la volontà popolare non può essere troppo a lungo ostacolata. Tutti pensieri che forse attanagliano il Presidente Macron, più incline ad immaginarsi guida dell’Europa anti russa, che arbitro e decisore nel caos di una Francia che dopo otto anni di quell’ottimismo del 2017 non ha più neanche un lontano ricordo.
