Si continua a lavorare sul DNA maschile sconosciuto potenzialmente in grado di riaprire il caso Garlasco. Le tracce biologiche rinvenute pochi giorni fa su una garza usata durante l’autopsia, lasciano ipotizzare il coinvolgimento di una terza persona – di sesso maschile – nell’omicidio di Chiara Poggi. Forse presente al momento del delitto, forse intervenuta subito dopo.
È proprio in queste ore che i medici legali stanno cercando di trovare un’identità alla firma biologica dell’uomo ignoto, ed è sul quel pezzo di stoffa, usata durante l’autopsia per raccogliere materiale dal palato, dalla lingua e dalle pareti del cavo orale della giovane, che si stanno concentrando le analisi genetiche, condotte su richiesta della Procura e affidate alla genetista forense Denise Albani.
Il punto di partenza è il ritrovamento di un profilo Y, maschile. “Netto”, con 22 marcatori e in quantità di 2.4 picogrammi per microlitro: un’identità genetica che contrariamente a quanto ipotizzato in un primo momento non corrisponde a quella di Ernesto Gabriele Ferrari, assistente del medico legale Dario Ballardini che eseguì l’autopsia nel 2007, e che dunque resta catalogata sotto la voce “ignoto 3”.
Ciò che finora è stato escluso dal perito è la pista della contaminazione: chi ha maneggiato o si è avvicinato al reperto lo ha fatto con la massima prudenza, e confrontando il dna maschile con quello di chi con un ruolo medico-sanitario è entrato nel laboratorio per assistere alle analisi (ma anche collaboratori, consulenti della difesa e assistenti). Nessuno ha lasciato tracce, ma la lista dei profili al vaglio non è finita. Le analisi si stanno ora concentrando su chi ha scattato le foto in sala autoptica o su eventuali altri assistenti. Saranno loro i prossimi ad essere comparati, ma in caso di esito negativo la raccolta verrà allargata ad altri dna, per dare quanto prima un’identità a quelle tracce biologiche.
