Il finanziamento
Villa Pamphili, quel milione regalato a Kaufmann per un film invisibile. Ora Giuli metta mano alla riforma

Il caso ha fatto scalpore e ha indignato l’opinione pubblica. Francis Kaufmann, il presunto assassino della madre e della bambina uccise a Villa Pamphili, a Roma, risulta tra i beneficiari di un tax credit di quasi un milione di euro per un film mai realizzato. Un’ombra cupa che si allunga sul sistema di finanziamento pubblico al cinema italiano. Ma oltre la cronaca, ciò che emerge con forza è la fotografia di un meccanismo debole, permeabile, mal sorvegliato.
Alessandro Giuli, da pochi mesi ministro della Cultura, ha ora l’opportunità – e la responsabilità – di mettere mano a una riforma non più rinviabile. Troppe volte, negli ultimi anni, il sistema dei fondi pubblici è finito sotto accusa per opacità, clientelismi, conflitti d’interesse. Dietro i finanziamenti milionari si celano spesso progetti fittizi, produzioni fantasma, curricula gonfiati, amicizie trasversali. Le stesse Commissioni che selezionano i progetti sono composte, troppo spesso, da figure che orbitano attorno agli stessi ambienti produttivi, quando non sono direttamente coinvolte. È un cortocircuito.
L’episodio di Villa Pamphili è la punta dell’iceberg. Ma è anche un’occasione. Il ministro ha davanti a sé una strada chiara: cominciare con l’azzeramento delle Commissioni attuali, molte delle quali non garantiscono né indipendenza né imparzialità, per sostituirle con organi realmente terzi, composti da esperti senza legami diretti con il sistema produttivo che valutano. Serve poi un rafforzamento dei controlli a posteriori: verificare concretamente che i fondi erogati abbiano portato a risultati tangibili, film effettivamente realizzati e distribuiti. Non basta più un copione, una società fittizia o una sceneggiatura in pdf per ottenere centinaia di migliaia di euro.
Il cinema è un settore culturale ma anche industriale. E come ogni industria, ha bisogno di regole certe, meritocratiche, eque. Continuare a lasciarlo in balia di circuiti chiusi e poco trasparenti significa tradire i tanti giovani autori, registi e produttori onesti che ogni giorno lottano con mezzi ridotti e nessun appoggio politico. Ministro Giuli, il momento è questo. È il tempo della trasparenza, del coraggio, della discontinuità. Chi ama davvero il cinema italiano oggi non può che chiedere una cosa: cambiare tutto, per salvarlo davvero.
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