Giuristi e avvocati per la Palestina vogliono processare Meloni, Tajani e Crosetto per complicità con il “genocidio” nella Striscia

IGNAZIO LA RUSSA PRESIDENTE DEL SENATO, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ANTONIO TAJANI POLITICO, GUIDO CROSETTO MINISTRO DELLA DIFESA

C’è Angelo d’Orsi, quello secondo cui “gli ebrei sono le vittime per antonomasia”, per cui “a loro tutto è concesso”. C’è Tomaso Montanari, quello con la cattedra a La7, che se cacciano un ebreo dall’università dice di andarci piano con le accuse di antisemitismo. C’è Giorgio Cremaschi, quello secondo cui la caccia e il pestaggio degli ebrei a Amsterdam il giorno della partita Ajax-Maccabi rappresentavano una “Intifada popolare antifascista”.

C’è Luigi de Magistris, già sindaco di Napoli, quello che si spella le mani nell’applauso all’antisemita Cecilia Parodi che chiede di “arrestare i sionisti”, autrice di un video in cui dichiara di odiare “tutti gli ebrei” e di volerli vedere appesi per i piedi per potergli sputare in faccia. C’è Moni Ovadia, l’apologeta delle saggezze di Putin, secondo cui il sionismo è becero fascismo. C’è Laura Morante, quella che boh.

Tutti insieme, con tanti altri, ad apporre la loro firma in calce a una petizione del “Gap – Giuristi e avvocati per la Palestina”, che vuole a processo Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Guido Crosetto per complicità con il genocidio. Quel corteo di sottoscrizioni, infatti, sospinge una richiesta, rivolta al Procuratore della Corte Penale Internazionale, affinché la Presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri e il ministro della Difesa siano indagati per i fatti di Gaza: “I primi due” – spiega il “Gap” – “in quanto responsabili in solido delle scelte internazionali compiute dal governo, il terzo per le sue specifiche competenze in materia di esportazione di armamenti e di cooperazione militare in genere”. Disseminato di impagabili gemme come la “presumibile certezza del notevole contributo italiano al genocidio in atto” (la presumibile certezza è una specie di Immacolata Concezione due punto zero), l’appello del “Gap” si sviluppa in cinquantacinquemila caratteri e in oltre ottomila parole tra le quali “Israele” compare sessantadue volte, “genocidio” trentanove volte e “Hamas” (toh!) una. E perché quest’unica citazione di Hamas? Per condannare, o anche solo evocare, i crimini che ha commesso? Macché: per dire che Israele ne ha ucciso i capi.

Il 7 ottobre è nominato? Sì, cinque volte. Che uno dice: vabbè, dai, meno male. Ma cos’è il 7 ottobre cinque volte nominato dal “Gap”? È l’inizio del genocidio compiuto da Israele con la complicità del governo italiano. C’è la presumibile certezza che Yahya Sinwar sia impossibilitato. Se no lo firmava anche lui.