Giustizia, baratto tra PD e M5s: prescrizione in cambio di riforma intercettazioni

«Leggeremo le carte e decideremo, senza isterismi e senza sventolare cappi e manette, come si fa nei paesi civili». Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva in Senato, frena sull’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini. «Noi – scrive Faraone su Facebook – non usiamo le questioni giudiziarie a fini politici, non lo abbiamo mai fatto e mai lo faremo. Oppure il garantismo vale per gli amici, mentre per gli avversari politici si diventa giustizialisti?». Manca poco a Natale, ma Italia viva non sembra disposta a far nessun regalo alla pattuglia acrobatica dei giustizialisti grillini che salvarono Salvini nel caso della Diciotti e ora vogliono affondarlo per quello della Gregoretti.

Tanto più che in fatto di giustizia, i partiti di maggioranza sembrano tutt’altro che intenzionati a trascorre il santo Natale in concordia e armonia. Anche l’ultima speranza, il vertice di maggioranza sulla giustizia di giovedì, ha deluso i garantisti. Il Pd punta a trattare a oltranza e la riforma della legge sulle intercettazioni diventa la moneta di scambio per la prescrizione. Su tutto, però, una certezza la impone il calendario: il primo gennaio entra in vigore la riforma Bonafede che abolisce l’istituto della garanzia prescrittiva in primo grado. L’intero mondo giuridico, dalle università ai professionisti, è in rivolta. E i Dem annunciano l’arrivo imminente di un disegno di legge correttivo, come extrema ratio. Un cannone puntato sul ministero di via Arenula, pur sapendo che la trattativa va condotta con i guanti bianchi, prima dell’eventuale fuoco alle polveri. Perché se il M5S è in caduta libera nei sondaggi non può che legarsi mani e piedi a una riforma totemica come questa.

«Nei prossimi giorni il Pd depositerà una sua proposta di legge di modifica che consenta di salvaguardare la ragionevole durata del processo – annuncia Alfredo Bazoli, capogruppo dem in commissione Giustizia alla Camera – ma confidiamo ancora nella possibilità di una intesa di maggioranza e faremo il possibile per favorirla, a partire dal prossimo incontro del 7 gennaio. Ma senza segnali di apertura da parte del M5s ci sentiremo liberi di proseguire l’iter parlamentare». Di andare cioè alla conta. Anche perché, salvo sorprese, il vertice del 7 gennaio si troverà a sancire l’abolizione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, che a quel punto sarà già entrata in vigore da sei giorni. Non a caso i renziani, contrarissimi alla riforma Bonafede, hanno già definito “inutile” vedersi dopo l’avvio del 2020, lasciando intendere che, qualora non dovessero sopraggiungere novità prima del 31 dicembre, potrebbero disertare il vertice.

Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd, punta sul tavolo di trattativa. E non dispera. «Vogliamo raggiungere un accordo di maggioranza; pretenderemo il rispetto degli accordi di programma condivisi sul punto, peraltro sancito dalla Costituzione, della ragionevole durata dei processi. Perché la riforma di Bonafede è di dubbia costituzionalità ma soprattutto porta a una conclusione diversa dagli accordi di governo. E dunque insistiamo con forza perché i nostri alleati Cinque Stelle trovino con noi una strada comune. Noi non chiediamo abiure ma non accettiamo diktat. Ma soprattutto non giochiamo con la giustizia per far cadere o sostenere il governo». Se si andasse allo scontro in commissione Giustizia, d’altronde, i numeri non sarebbero dalla parte dei 5 stelle, che finora tengono il punto: tranne i pentastellati, infatti, tutte le altre forze politiche, di maggioranza e di opposizione, sono fortemente critiche nei confronti della riforma. L’8 gennaio scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti alla proposta di legge di Enrico Costa (FI), che abroga tout court la riforma Bonafede. E non é escluso che possa essere lo strumento utilizzato dai detrattori della nuova prescrizione per mettervi la parola fine. Costa assapora i pop-corn, nell’attesa: «I nodi vengono al pettine e il Pd perde la faccia sulla prescrizione. Volevano il rinvio dell’entrata in vigore per fare una riforma del processo, poi la prescrizione processuale, poi si sono piegati all’entrata in vigore accontentandosi di un disegno di legge, infine hanno annunciato una proposta di legge. Non si è visto niente. Niente di niente».

Verini non demorde: «Ci vediamo domenica alla Camera per una seduta straordinaria, ci troveremo lì e avremo una versione definitiva della nostra proposta. Lunedì potrebbe essere presentata alla stampa. Anche tra Natale e Capodanno chiediamo agli alleati di maggioranza di continuare a parlarci. Abbiamo ottenuto soddisfazione con il dialogo sulle intercettazioni, che va nel Milleproroghe. Il clima non è di rottura; le posizioni sono distanti ma un accordo si può trovare. Caro Bonafede – lancia l’appello Verini – tocca a te fare la sintesi». L’Unione delle Camere Penali suona i tamburi di guerra. Giorgio Varano, responsabile della comunicazione degli avvocati penalisti: «Sulle intercettazioni non abbiamo ancora visto il testo, non ci esprimiamo. Sulla riforma Bonafede siamo al surreale. Il Ministero non ha ancora risposto sulla richiesta di conoscere quali sono i reati che si prescrivono, posto che il 75% delle prescrizioni oggi intervengono tra le indagini preliminari e la sentenza di primo grado; la cosa surreale è che sono stati richiesti anche dalla commissione Giustizia della Camera.

La risposta del Ministero è stata che devono individuarli. Possibile che il dicastero della Giustizia non abbia i dati sui reati commessi in Italia? Per alcuni reati sono stati raddoppiati i termini della prescrizione, facendo scelte di politica giudiziaria da parte del legislatore; un esame deve essere fatto». I Dem sanno che la giustizia è una cristalleria. È il punto che può far saltare il banco. E quando a Verini ricordiamo che la riforma Bonafede è una bandiera, per il Movimento, lui guarda fuori dalla finestra: «Non vede quanto vento tira in questi giorni freddi? Le bandiere bisogna saperle ammainare, quando rischiano di strapparsi e volare via a pezzi».