Questione politica o di opportunità? I pareri si dividono sul caso di Catello Maresca, consigliere e giudice allo stesso tempo. L’ex pm anticamorra, dopo le polemiche degli ultimi giorni, si è difeso elencando i nomi di colleghi che prima di lui hanno percorso sia la strada della magistratura che quella della politica, come a dire: non sono stato l’unico, non ci sto a fare il capro espiatorio.
«In questa fase politica nella quale, forse anche giustamente, c’è un’attenzione particolare sugli interventi della magistratura, mi sembra inopportuno l’esercizio di una doppia funzione in contemporanea», commenta Gennaro Marasca, magistrato in pensione, già componente del Csm e presidente di sezione della Corte di Cassazione. Il suo è uno dei nomi che Maresca ha citato. Marasca è stato assessore della giunta comunale all’epoca di Antonio Bassolino sindaco, dal 1994 al 1997. Ma la sua non può dirsi una storia gemella di quella di Maresca, che è consigliere comunale a Napoli e contemporaneamente consigliere di Corte d’appello a Campobasso. Una differenza sostanziale sta nel periodo storico e politico: «Oggi – spiega il magistrato in pensione – il quadro storico e politico è molto diverso da quello di trent’anni fa, e anche la sensibilità politica non è la stessa dell’epoca. In questa fase la coscienza sociale del Paese sembra rifiutare la possibilità di una doppia funzione, per cui credo che un intervento sia inevitabile». Altra fondamentale differenza: «Io – precisa Marasca – non mi sono mai candidato a elezioni politiche né ho mai parteggiato per uno schieramento. Non ho cercato voti da nessuna parte, sono stato chiamato in giunta a collaborare come tecnico – precisa – . Il collega Maresca, invece, ha partecipato a delle elezioni, quindi ha chiesto voti, non è proprio la stessa cosa rispetto alla mia vicenda».
Nella prima giunta Bassolino, Marasca è stato assessore al Patrimonio con deleghe anche alla trasparenza e al decentramento amministrativo. «Erano deleghe prevalentemente di controllo della regolarità dell’esecuzione di gare e contratti. Naturalmente – riconosce – è indubbio che, se fosse stata una giunta lontana dalle mie idee e dai miei ideali, non avrei accettato di partecipare». Quanto alle porte girevoli, il problema sembra essere molto italiano: «Negli Stati Uniti i pubblici ministeri sono eletti e i giudici sono nominati da chi detiene il potere politico e questo non crea scandalo, nella civilissima Svizzera molte cariche sono elettive. In Italia – aggiunge Marasca – c’è una particolare attenzione al tema. Ma bisogna essere molto prudenti e attenti se si vuole porre una legge più restrittiva. Sono in gioco anche valori costituzionali, non solo l’indipendenza e l’autonomia della magistratura ma anche il diritto di ogni cittadino di partecipare alla vita politica e pubblica del nostro Paese», afferma proponendo come possibile soluzione, non il divieto di rientro in magistratura, ma la possibilità, per il giudice che torna dopo un’esperienza politica, di essere destinato a funzioni di tipo diverso, come quelle di carattere amministrativo al Ministero della giustizia, dove sono previsti posti solo per magistrati.
Una soluzione intermedia tra la doppia funzione prevista dalla legge attuale e i divieti proposti da chi vuole abolire le cosiddette porte girevoli, la ipotizza anche Nicola Graziano, ex magistrato della sezione penale e ora giudice della sezione fallimentare del Tribunale di Napoli. Anche il suo è tra i nomi che Maresca ha ricordato quando ha replicato alle polemiche sollevate dalla sua scelta di tornare in magistratura pur conservando il posto nel Consiglio comunale di Napoli. E anche in questo caso le due storie non sono perfettamente sovrapponibili. «Erano gli anni 2005-2006, mi candidai con l’Ulivo a sindaco di Aversa – racconta Graziano –. Fui eletto in Consiglio comunale e per un anno e mezzo circa feci sia il magistrato che il consigliere comunale. Ero però all’inizio della carriera in magistratura e Aversa non è un Comune paragonabile a quello di Napoli. Sta di fatto che all’epoca nessuno sollevò il problema né ci fu clamore per le stesse scelte di altri magistrati. Quindi mi chiedo: come sarebbe andata se il collega Maresca si fosse candidato in una diversa area politica?”, conclude provocatoriamente Graziano.
