Esteri
Guerra, il vertice di Budapest è alle porte. Zelensky sbatte i pugni sul tavolo, Trump: “Deve cedere il Donbass”
A pochi giorni dal possibile vertice di Budapest tra Donald Trump e Vladimir Putin per «chiudere» la guerra in Ucraina, aumentano le incognite e proseguono gli sgarbi diplomatici. Intanto, la Corte Penale Internazionale ha ribadito che il mandato di cattura per il presidente russo resta valido anche per l’Ungheria, nonostante Budapest abbia avviato l’iter per uscire dal trattato lo scorso aprile (ma servirà almeno un anno prima che diventi efficace).
Inoltre, l’Unione Europea pretende di far parte del tavolo negoziale, come ha ribadito il presidente francese Emmanuel Macron osservando che, secondo logica, «nel momento in cui discutono il destino dell’Ucraina, gli ucraini dovrebbero essere al tavolo e nel momento in cui discutono l’impatto sulla sicurezza degli europei, gli europei dovrebbero essere al tavolo». E la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha già messo i bastoni tra le gambe ai negoziatori, facendo sapere che Bruxelles ha dato il via libera allo stop al gas russo dal gennaio 2026 (con la contrarietà solo di Ungheria e Slovacchia), mentre la titolare degli esteri Ue Kaja Kallas ha ribadito che «l’Ucraina non può arrendersi».
In tutto ciò, il vertice preparatorio di Budapest svoltosi alla Casa Bianca tra il presidente americano e quello ucraino ha sortito un solo effetto, quello di far dichiarare a Volodymyr Zelensky che «stiamo preparando una gamma completa di risposte, tra cui il potenziamento delle nostre risposte a lungo raggio al terrorismo russo contro le infrastrutture ucraine». Come a dire che Kiev ha ormai capito di doversi arrangiare da sola, non potendo contare né sui Tomahawk statunitensi – Trump ci ha già ripensato sull’invio di missili a lungo raggio agli ucraini – né tantomeno sulla parola degli americani, quando negozieranno la fine della guerra con Putin senza il coinvolgimento diretto di Kiev (o, peggio, alle sue spalle).
Zelensky sbatte i pugni sul tavolo, Trump: “Devi cedere il Donbass”
Zelensky a Washington è riuscito a strappare giusto un accordo per l’acquisto di 25 nuovi sistemi Patriot di difesa, nient’altro. Di certo, non ha scalfito le convinzioni di Trump su come debba finire questo conflitto: «Chiudiamola congelando l’attuale linea del fronte» ha sostenuto l’inquilino della Casa Bianca. Al che, dicono che Zelensky abbia sbattuto i pugni sul tavolo facendo volare le mappe che rappresentano la situazione sul campo in Ucraina. Si dice anche che durante l’incontro la parte statunitense abbia fatto eco alle argomentazioni russe, e che perciò l’irritazione ucraina si sia palesata con estrema chiarezza. Dopodiché Trump, stizzito, avrebbe chiesto di portar via le mappe della linea del fronte e insistendo affinché Kiev ceda l’intera regione orientale del Donbass: «Altrimenti Putin distruggerà il tuo Paese».
Insomma, il bilaterale è stata una riedizione del precedente incontro alla Casa Bianca dello scorso agosto, quando i falchi di Trump e lo stesso presidente umiliarono Zelensky in mondovisione. Stavolta, però, il presidente ucraino non si era fatto illusioni, neanche dopo che Trump (cambiando idea per l’ennesima volta) aveva sostenuto che l’Ucraina avrebbe potuto «vincere la guerra e riconquistare tutto il territorio» e che i Tomahawk erano una possibilità sul piatto. A Kiev speravano che almeno il Segretario di stato americano Marco Rubio, descritto come una delle poche persone ragionevoli sul dossier Ucraina, venisse incontro ad alcune richieste ucraine e aiutasse a far ragionare Trump sul fatto che congelare il conflitto così com’è non è un compromesso ma una resa. A quanto pare, così non è stato.
Rubio ha semmai avuto «un dibattito costruttivo sui possibili passi concreti da intraprendere per attuare gli accordi raggiunti durante la conversazione telefonica tra il presidente russo e il presidente degli Stati Uniti del 16 ottobre», come hanno fatto sapere con molta soddisfazione da Mosca. Il che è già sufficiente a concluderne che i consiglieri di Trump sono sdraiati non diremo sulle posizioni russe, ma di certo su quelle del presidente. Zelensky è stato comunque ben cauto durante la conferenza stampa in seguito ai colloqui, ma il presidente ucraino ha ribadito che l’obiettivo principale di Kiev resta «una pace giusta, non necessariamente una pace rapida». Che invece è ciò che spera il presidente americano, il quale vive una fase di esaltazione personale, essendosi convinto di aver già concluso una pace storica in Medio Oriente. Il che è tutto da vedere, così come è da capire come un approccio così approssimativo su questioni invece cruciali per il futuro dell’Occidente possa funzionare.
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