«Questo scandalo, per l’Ucraina, è deflagrato nel momento peggiore». Svetlana Gannushkina, attivista per i diritti dei migranti rifugiati in Russia e fondatrice del Centro per i diritti umani dell’associazione Memorial, Premio Nobel per la Pace nel 2022, si riferisce agli esiti dell’inchiesta Mida, il maggior scandalo dall’inizio della guerra, che ha indotto alle dimissioni di Andriy Borysovych Yermak, nominato consigliere del presidente nel 2020 e conosciuto come “Ali Babà” nelle carte delle intercettazioni, ora sostituito in qualità di capo della delegazione ucraina nei negoziati di pace da Rustem Umerov, già alla guida del Consiglio per la sicurezza e la difesa e, fino allo scorso luglio, ministro della Difesa.

Gannushkina, si estende lo scandalo corruzione, con le dimissioni di Yermak, uomo molto vicino al presidente. Pensa che ciò possa minare l’autorità di Kyiv e privarla del sostegno internazionale?
«Non c’è niente di buono negli scandali. È un peccato che questo accada in un momento così difficile per l’Ucraina. Uno scandalo può minare l’autorità degli organi di governo, ma non dovrebbe privare un Paese del sostegno necessario a difendere la propria indipendenza e la vita del suo popolo».

Ritiene che Volodymyr Zelensky possa in qualche misura essere responsabile dello scandalo in corso?
«Come ogni leader, Zelensky non può fare a meno di assumersi la responsabilità di ciò che sta accadendo nel suo Paese. La questione relativa a un suo possibile coinvolgimento in quanto sta avvenendo è tuttavia un’altra questione. Non posso esprimermi in merito, perché non conosco a sufficienza gli equilibri delle forze politiche in Ucraina».

L’opposizione interna sta facendo pressione sul governo e chiede nuove elezioni. Il presidente Zelensky potrebbe essere costretto a dimettersi?
«Questo non è il momento migliore per un cambio di potere in Ucraina. Un consolidamento di tutte le forze è necessario per evitare conseguenze tragiche per Kyiv. Ulteriori elezioni e cambi di leadership sono un naturale processo politico interno nel mondo moderno».

Nel frattempo, continuano le trattative di pace fra Stati Uniti, Ucraina e Russia, dopo che il piano in 28 punti proposto dal presidente statunitense Donald Trump è stato ridotto al summit di Ginevra a 19. Potrebbe avvenire una svolta?
«Senza contare che questo potrebbe non essere sufficiente per Putin, temo che alcune delle proposte di Trump saranno inaccettabili per Kyiv. Pare singolare suggerire di non rinunciare ai territori conquistati, ma anche di ritirarsi da quelli già liberati e controllati dall’Ucraina. Ancora più sorprendente per me è la richiesta di un impegno per Kyiv atto a non stringere alleanze con altri Paesi. Questa è una decisione che spetta alle parti, non alle potenze esterne. Inoltre, le garanzie di sicurezza fornite dagli Stati Uniti non sono definite in alcun modo. In cosa consisteranno? Cosa verrà fatto in caso di violazioni? Si può fare affidamento su tali promesse? Troppe domande sorgono per accettare un piano del genere e iniziare ad attuarlo».

L’Ue si mostra infatti preoccupata di fronte alle condizioni avanzate per porre fine alla guerra in Ucraina. Potrebbe significare la capitolazione di Kyiv?
«Credo che attuare questo piano sia impossibile. Rappresenterebbe, se non una capitolazione, qualcosa di molto simile. Pertanto, le preoccupazioni dell’Ue sono del tutto giustificate. Ci sono aspetti di questo piano che danno l’impressione che si tratti di un progetto imprenditoriale di Trump. Sottolineo ancora una volta che non vedo alcuna possibilità di attuazione».

Papa Leone XIV rilancia il ruolo di Erdoğan, affermando che «può promuovere dialogo e tregua». La Turchia potrebbe risultare decisiva nelle trattative?
«Trovo difficile stimare quanto siano pervasive le capacità della Turchia e quanto Erdoğan comprenda la situazione. Se il presidente turco riuscisse a negoziare un cessate il fuoco, ciò costituirebbe un enorme passo avanti. Vorrei sottolineare che non stiamo argomentando a proposito di una cessazione improvvisa delle ostilità tra le parti perché è Erdoğan a parlare: stiamo parlando di un accordo, ovvero di definire le condizioni e attuarle immediatamente. Se la Turchia riuscisse a raggiungere un’intesa del genere con le parti, partecipando alla sua stesura e contribuendo ad avviarne l’attuazione, sarebbe un enorme successo. Non possiamo che augurarcelo».