Il passo dai domiciliari al carcere è stato breve, brevissimo, per Francesco Petrone, 43 anni, del rione Traiano. E ieri mattina, mentre l’uomo veniva condotto in cella, i suoi familiari hanno organizzato una manifestazione davanti al carcere di Poggioreale. La moglie, Carmen D’Angelo, ha raccontato la storia del marito stringendo tra le mani le cartelle cliniche e i referti medici che ricostruiscono il quadro di salute del 43enne, colpito ad aprile da un’ischemia cerebrale e già segnato dalle conseguenze di un grave incidente in moto avvenuto nel 2014. I familiari di Petrone si sono mostrati preoccupati per le condizioni di salute del detenuto.
Questa è una di quelle storie in cui si fa fatica a far combaciare perfettamente la risposta della giustizia con i diritti della persona. È una di quelle storie che apre il dibattito sul carcere, la tutela della salute all’interno delle strutture detentive, la certezza della pena, le misure restrittive. Di fronte alle rimostranze e alle preoccupazioni dei familiari, i vertici della casa circondariale cittadina hanno dato rassicurazioni spiegando che Petrone sarà curato durante la detenzione, che il protocollo terapeutico stabilito dai medici dell’ospedale sarà seguito anche all’interno della struttura penitenziaria.
Restano, tuttavia, non del tutto sfumate le ansie della moglie, la quale chiede che il marito venga trasferito in una struttura sanitaria. Petrone, accusato dagli inquirenti di essere un boss della droga al rione Traiano, è stato di recente condannato a 19 anni di carcere e oggi riceverà la visita del garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello e di quello napoletano Pietro Ioia.
