I conti pubblici francesi prendono una pericolosa traiettoria italiana

French Finance Minister Eric Lombard speaks to media during a joint news conference and with his German counterpart Lars Klingbeil at Genshagen Palace in Ludwigsfelde, Germany, Wednesday, July 16, 2025. (AP Photo/Ebrahim Noroozi)

Solo un anno fa lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli francesi era intorno ai centocinquanta punti. Oggi siamo al di sotto di dieci punti. Se lo spread è “il termometro della salute dei conti pubblici”, parafrasando Mario Monti, allora la situazione di Parigi è peggiorata nell’arco di un anno. Secondo molti commentatori, il biennio 2025-2027 può rappresentare per la Francia ciò che è stato il periodo 2011-2013 per l’Italia. In parole povere: la vicinanza al baratro del debito pubblico.

Ma attenzione: non sono gli oppositori del presidente Emmanuel Macron a dirlo né tantomeno i molti a cui i francesi non vanno giù. È il ministro delle Finanze, Éric Lombard, che spiega: “Esiste il rischio che il Fondo Monetario Internazionale debba intervenire” nel caso in cui il governo guidato dal primo ministro François Bayrou dovesse cadere. In una intervista radiofonica del 26 agosto, ha sottolineato chiaramente: “Vogliamo evitare questo rischio, ma non posso fingere che non esista”. A poco è servita la corsa fatta successivamente per stemperare le dichiarazioni. Quando si evoca l’Fmi a tutti torna alla mente la “Trojka” e ciò che ha comportato per la Grecia. Per evitare il default complessivo, Atene chiese aiuto a Fmi, Banca Centrale Europea ed Unione Europea i quali concessero prestiti, ma in cambio di notevoli tagli al welfare e alla spesa pubblica greca.

Conti

La situazione dei conti pubblici e dell’economia francese si è molto deteriorata negli ultimi tre anni. Nonostante le manovre correttive, il deficit pubblico resta molto elevato. Secondo alcune stime quest’anno chiuderà intorno al 5,6 per cento del prodotto interno lordo transalpino. Per capirci, l’Italia è in linea con i parametri europei al 3 per cento. Ancora, il debito pubblico cresce senza sosta. È passato dal 113 per cento del pil nel 2023 fino a 116 per cento nel 2025 e fino a 118–120 per cento nel 2026 secondo le stime. Una crescita inesorabile che crea molto allarme nei mercati finanziari. Tanto è vero che il rendimento dei titoli di Stato francesi, gli Oat, si è praticamente allineato ai Btp italiani. Ciò significa che gli operatori percepiscono un forte rischio nelle politiche di Parigi. Crescendo il debito, aumenta anche la spesa per interessi: nell’anno in corso è stimata in circa 70 miliardi di euro, una cifra molto vicina al bilancio della Difesa. A tutto ciò si deve aggiungere la crescita lentissima del Pil che, nell’anno in corso, non dovrebbe superare lo 0,5 per cento. Valore che per molti analisti rende il debito pubblico non sostenibile. Senza contare l’inflazione che cala all’1 per cento e non è un dato positivo visto che si va verso la stagnazione e la dinamica salariale praticamente ferma.

Interventi

Per porre un argine all’evidente declino, il governo ha in mente una serie di interventi tra cui il taglio dell’indennità di disoccupazione e l’abolizione di due festività annuali. Aggiungendo la riforma delle pensioni che ha alzato l’età da 62 a 64 anni, Parigi dovrebbe risparmiare 44 miliardi di euro di spesa in quattro anni. Ma l’Esecutivo di Bayrou non ha i voti in Parlamento e il rischio è che cada l’8 settembre. Al di là della questione strettamente politica, il problema è nell’economia lenta, nella spesa che avanza inesorabilmente, nella produttività dell’industria che è crollata e nella mancanza di “coesione” sociale con le periferie pronte ad esplodere. Insomma, la “traiettoria italiana” sembra essere stata imboccata in pieno da Parigi. Avranno anche loro un Mario Monti come l’Italia del 2011? O una vera riforma delle pensioni come la Fornero?