Milano continua a sedurre le nuove generazioni, ma il rapporto tra la città e i suoi giovani si fa sempre più complesso. Il 41% dei giovani intervistati vorrebbe lavorare nel capoluogo lombardo, confermando Milano quale polo attrattivo per i talenti, eppure dietro questa attrazione magnetica si nascondono contraddizioni profonde che rischiano di trasformare il sogno milanese in un miraggio per molti ragazzi.
Il paradosso milanese: attrazione e difficoltà
I dati dell’ultima ricerca Assolombarda-Eumetra su mille giovani tra i 18 e i 26 anni dell’area metropolitana rivelano una generazione ambiziosa ma disillusa. Il 57% dei giovani si immagina un futuro da imprenditore o libero professionista, contro appena il 28% che aspira al lavoro dipendente. Un desiderio di protagonismo che però si scontra con una realtà economica sempre più aspra.
Un quarto dei 18-26enni delle province di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia giudica il proprio stato di benessere complessivo come insufficiente, mentre a livello nazionale il 72% dei giovani attribuisce un ruolo centrale al fenomeno della denatalità – una preoccupazione che trova eco particolarmente forte nella metropoli lombarda, dove la pressione economica e sociale amplifica le ansie generazionali. delle proprie difficoltà ma determinata a non arrendersi.
L’emergenza casa: quando l’affitto diventa un lusso
Il nodo più critico rimane quello abitativo. Milano vede oggi una stanza singola costare in media 637 euro al mese, con punte di 747 euro nei quartieri centrali come Garibaldi-Moscova-Porta Nuova. Per uno studente universitario o un giovane lavoratore, questi prezzi rappresentano spesso una barriera insormontabile.
Il Comune ha cercato di rispondere con la “Misura Unica” per il sostegno affitti, stanziando 1,2 milioni di euro per contributi fino a 2.400 euro destinati agli under 35 con ISEE non superiore a 26mila euro.
Il lavoro: tra ambizioni e precarietà
Sul fronte professionale, la consulenza è scelta dal 17% del campione, seguita dall’ambito sanitario/assistenziale (12%), dal settore finanziario e assicurativo (12%) e dal commercio (12%), mentre il manifatturiero è indicato soltanto dal 5%, nonostante l’Italia sia la seconda potenza manifatturiera europea.
Questo divario tra percezione e realtà economica riflette una narrazione distorta che i giovani hanno del sistema produttivo – tendenza nazionale che a Milano trova terreno particolarmente fertile, dove il miraggio dei servizi e della finanza offusca le opportunità concrete dell’industria manifatturiera. Il 38% del campione indica il turismo come attività trainante dell’economia italiana, mentre il settore manifatturiero è segnalato solo dal 15% degli intervistati.
Il peso del disagio sociale
Dietro le statistiche economiche si cela una dimensione umana spesso trascurata: il disagio giovanile. A livello nazionale, durante l’emergenza pandemica si è registrata una rarefazione nei rapporti sociali tra i giovani, acuendo un trend in corso da oltre un decennio – fenomeno che a Milano assume contorni particolarmente netti, dove la velocità urbana e l’individualismo metropolitano hanno intensificato questo isolamento relazionale. I segnali di malessere psicologico tra bambini e ragazzi non devono essere sottovalutati, arrivando anche da fonti autorevoli.
Il fenomeno si manifesta in modo particolare a Milano, dove nel 2024 sono state raccolte oltre 400 segnalazioni di abbandono scolastico, con una percentuale di popolazione straniera frequentante le scuole medie e superiori “più del doppio rispetto alla media nazionale”.
Tra famiglia e indipendenza
Un aspetto distintivo dei giovani è la centralità delle relazioni. Il contributo della famiglia e degli affetti è ritenuto il valore più importante da ben il 72% dei rispondenti, mentre il 60% degli intervistati ritiene prioritario instaurare e mantenere buoni rapporti con colleghi.
Tuttavia, per affrancarsi dai genitori, i dati nazionali indicano come condizione primaria quella di ottenere un lavoro stabile, mentre per crearsi una famiglia, quasi il 70% dei giovani italiani indica il bisogno di una situazione economica adeguata. Dinamiche che nella realtà milanese si traducono in un circolo vizioso ancora più stringente, dove i costi della vita crescono più rapidamente dei salari e dove il sogno dell’indipendenza si scontra quotidianamente con la durezza del mercato immobiliare.
L’incomprensione generazionale
Il quadro nazionale rivela un dato allarmante: secondo il rapporto EURES 2024, tre giovani italiani su quattro (quasi il 75%) ritengono che gli adulti comprendano “poco” (61%) o “per niente” (più del 13%) le esigenze e il vissuto dei giovani, in particolare le paure e fragilità. Una frattura generazionale che trova nella metropoli milanese il suo teatro più emblematico, dove la rapidità dei cambiamenti socioeconomici rende ancora più evidente lo scollamento tra le aspettative dei giovani e la comprensione del mondo adulto.
Il futuro di una generazione
Milano rimane un laboratorio sociale unico, ma serve un nuovo patto generazionale che riconosca le loro competenze, sostenga le loro ambizioni e riconduca i disagi a tappe di crescita.
La sfida non è solo economica, ma culturale. E forse, insieme alle opportunità delle nuove generazioni, deve fare i conti con i loro sogni e le loro sensibilità. Che diventano troppo fragili.
