La via d’uscita? Una riforma elettorale vera
Il bipolarismo coatto, la truffa sistemica della politica che si allea non per governare ma solo per vincere le elezioni
C’è una malattia che consuma la politica italiana da dentro: si chiama bipolarismo coatto. Non è la sana contrapposizione tra due visioni del mondo, ma una truffa sistemica. Le alleanze si formano non per governare, ma solo per vincere le elezioni. È un circo, più che un’arena politica: coalizioni fragili, assemblaggi di interessi incompatibili, decisioni paralizzate da equilibri instabili. Chi governa si trascina, chi si oppone urla. Intanto il Paese è impreparato ad affrontare il mondo d’oggi.
Su questo terreno minato prospera il populismo. È un virus mutante, che si nutre dei residui di culture fasciste e comuniste e si traveste da partito post-ideologico. Approfitta di una legge elettorale truccata per accorpare le rovine delle vecchie appartenenze, ma lascia dietro sé un deserto: metà degli italiani non vota più. È un mostro bifronte: una faccia promette miracoli sociali, l’altra invoca chiusure sovraniste. In mezzo, una selva di “quinte colonne” che flirtano con Putin, tacciono sui crimini di Maduro, ignorano le impiccagioni delle donne iraniane e il terrorismo di Hamas, ma si indignano per un tweet di Trump o una direttiva europea. Il vero risultato di questo bipolarismo, negli ultimi venticinque anni, è stato la paralisi. Non le riforme. Anzi, lo sperpero. Centinaia di miliardi svaniti in misure improvvisate come il reddito di cittadinanza e il superbonus: provvedimenti adottati senza contrasti né da forze politiche né da parti sociali, coinvolti come sono stati dell’idea di mungere i contribuenti per distribuire i loro bonus assistenziali per dare parvenza della loro esistenza.
Questi atteggiamenti hanno dissanguato uno Stato già fragile, senza autonomia energetica, arretrato su infrastrutture, sanità, scuola e sicurezza. Mentre il mondo corre verso l’intelligenza artificiale, noi restiamo intrappolati tra slogan e clientele. Anche sulla scena internazionale il corto circuito si fa evidente. C’è chi nel governo parla di pace, ma finge di non vedere le guerre scatenate da Putin. C’è chi confonde la solidarietà con la propaganda, mentre il mondo affronta nuove minacce: dalla sfida russo-cinese al ritorno del trumpismo. Ma chi dovrebbe guidare, è legato a coalizioni ibride, inconsistenti. Chi dovrebbe opporsi, si rifugia nell’indignazione a comando, priva di visione.
La via d’uscita? Una riforma elettorale vera. Serve tornare al proporzionale puro, con preferenza. Basta con i listoni chiusi, con i candidati imposti dai vertici, con il ricatto delle coalizioni obbligate. Solo una legge che restituisca libertà ai partiti, voce e potere elettorale agli elettori, potrà spezzare il bipolarismo tossico.
Un comitato di cittadini liberi ha già depositato in Cassazione una proposta di legge popolare per chiedere al Parlamento la responsabilità di riformare sé stesso. È il primo passo per uscire da questa trappola. Perché se restiamo prigionieri di questo sistema, potremo solo sopravvivere. Ma mai costruire. Il test è ora. Vedremo chi continuerà a difendere l’indifendibile. Chi proteggerà un sistema che ha tradito ogni promessa. E chi, finalmente, avrà il coraggio di rifondare la politica su basi adulte: Europa, stato di diritto, sicurezza continentale. Senza più finzioni. Senza più alibi.
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