Perché fingiamo che in Italia vi siano due coalizioni compatte che si contendono il governo? Lo chiamiamo ancora bipolarismo, ma ormai è solo uno schema mentale. Basta un voto europeo su von der Leyen e vaccini per confermare di fronte al mondo la nostra malattia politica. Entrambi gli schieramenti vanno in ordine sparso. Contro la sfiducia votano Forza Italia e una parte del Pd, a favore Lega e Cinque Stelle, non partecipano al voto Fratelli d’Italia e Verdi-Sinistra.
Una volta c’era la maggioranza Ursula, ed evocava a suo modo nuovi scenari politici. Oggi in nome di Ursula c’è un affollarsi di minoranze che si dividono su questioni centrali, per poi riprendere come se nulla fosse, come si trattasse di banali incidenti di percorso. Ma non è così. Dietro la Ursula di oggi non ci sono più solo i fondi di coesione, il Next Generation EU o le auto elettriche. Ci sono scelte epocali. Su Donald Trump, i suoi dazi e la sua idea di una Nato a gettone. Sul nuovo Medio Oriente da costruire sulle ceneri di una guerra devastante. Sulla solidarietà attiva con l’Ucraina che resiste. Sulla questione-Libia. Soprattutto, su Vladimir Putin e il suo disegno imperiale. Von der Leyen diventa così ben più di una poltrona: è la scelta della bussola, del futuro cui aspiriamo.
La politica estera non è mai stata un accessorio della politica, ma il suo fondamento. Nella Prima Repubblica, la mancata adesione del Pci ai valori occidentali e alla Nato ha letteralmente bloccato la democrazia. Nel sistema attuale, sembra possibile che un importante partito di maggioranza e uno altrettanto rilevante di opposizione siano aperti sostenitori della Russia che ha aggredito un Paese sovrano. Che il partito centrale della maggioranza sia con la presidente della Commissione ma senza poterlo dire. E che il maggiore partito di opposizione oscilli come un pendolo. L’unica linea chiara, accanto a quella dei nostri putiniani di lotta e di governo, la esprime Forza Italia. Che sarà pure sconfessata da Pier Silvio sullo ius scholae, ma sull’identità internazionale dell’Italia ha le idee chiare. E con lei i vari protagonisti della galassia riformista. Non presenti a Bruxelles perché specialisti nelle micro-scissioni, sono però capaci di visione sui temi strategici.
Il voto su von der Leyen ha fatto cadere l’ennesima maschera del nostro bipolarismo immaginario. L’unico meccanismo che funziona è quello psico-polemico: schieramenti che si azzuffano, cambiano umore a ogni post, soffrono di ansia da sondaggio. I nostri poli sono delle auto con il navigatore perennemente fuori uso. Non è solo folclore, perché i danni non mancano. Il prestigio internazionale della premier è un valore. La conferenza sull’Ucraina è un orgoglio per noi e un varco di speranza per tutti. Ma il freno a mano sempre tirato nel governo e nell’opposizione ci rende più deboli. Gli amici del giaguaro russo dettano legge troppo spesso. Proprio mentre sulla dissoluzione dell’equilibrio del ‘900 andrebbe costruito un nuovo primato europeo della democrazia.
