Giuseppe Graviano sostiene di avere incontrato tre volte Silvio Berlusconi tra gli anni ottanta e novanta. Graviano era considerato uno dei boss importanti della mafia, in quel periodo, ed è accusato di avere partecipato all’uccisione di Falcone e di Borsellino. Il primo incontro con Berlusconi sarebbe avvenuto nel 1983, a Milano, allora Graviano era molto giovane, 30 anni, ma nella mafia le carriere erano veloci.
Silvio Berlusconi, attraverso Niccolò Ghedini, ha fatto sapere che la deposizione di Graviano è falsa. Totalmente falsa. Non lo hai mai conosciuto, non lo ha mai incontrato. All’epoca dei presunti incontri Berlusconi era seguito giorno e notte da una scorta della polizia. Graviano non cita un solo testimone vivente di quegli incontri. I testimoni di Graviano o sono morti o sono persone che lui non conosceva e che non può indicare. Fuffa, pura fuffa, dice Ghedini.
La deposizione di Graviano è avvenuta durante un processo a Reggio Calabria che si celebra per accertare chi siano i killer di due carabinieri uccisi nel gennaio del ‘94 in un agguato sull’autostrada. Il Pm Lombardo ha interrogato Graviano, che attualmente sconta due o tre ergastoli al 41 bis, e che qualche anno fa era stato intercettato – forse a sua insaputa, forse no – mentre parlava proprio dei suoi rapporti con Berlusconi. La deposizione di Graviano – che in questo processo è accusato di omicidio – ha riguardato poco l’uccisione dei due carabinieri, avvenuta una settimana prima del suo arresto. La cosa forse è stata giudicata meno interessante (ai fini processuali?) del racconto sui suoi rapporti con Berlusconi. Non sono sicuro che avvenga molto spesso che in un processo per omicidio ci si occupi di altre faccende, che non riguardano per niente quel processo e che peraltro, a occhio, non hanno rilevanza penale.
Vediamo prima chi è Giuseppe Graviano e poi in cosa è consistita la sua deposizione e quali possono esserne le conseguenze. Graviano è figlio di Michele Graviano, che era considerato il capo della cosca di Brancaccio. Michele venne ucciso il 7 gennaio del 1982 nel corso della famosa seconda e sanguinosissima guerra di mafia, quella scatenata da Totò Riina, capo dei Corleonesi, contro il gruppo dei palermitani, guidato da Gaetano Badalamenti e da Tommaso Buscetta. I corleonesi sterminarono i palermitani, nel 1981; i palermitani reagirono l’anno successivo e la prima vittima riinista sarebbe stato proprio il papà di Giuseppe Graviano.
Salto di dieci anni e arriviamo all’anno chiave dell’offensiva della mafia corleonese contro lo Stato. 1992. Nei processi, Giuseppe Graviano è stato condannato per aver partecipato un po’ a tutti gli attentati stragisti di quell’anno e dell’anno seguente. Secondo i tifosi della tesi della trattativa stato-mafia, Graviano sarebbe stato un uomo chiave di questa trattativa, in collegamento con Dell’Utri. In realtà la tesi della trattativa è un po’ confusa, perché ipotizza che sia avvenuta, questa trattativa, con il governo Berlusconi, e cioè nel 1994, quando le stragi erano finite da un pezzo. E di essersi fondata sulla richiesta di abolizione del 41 bis, che invece fu rafforzato.
Ora, in questa deposizione, Graviano torna a parlare di Berlusconi. Non parla per la verità di Dell’Utri ma direttamente di Berlusconi, e non parla di trattativa ma di questioni economiche e di investimenti finanziari. Cosa racconta? Un fatto grave e altri fatti innocui. Dice di avere incontrato Berlusconi nel 1993, poco prima di essere arrestato, e mentre era latitante. Berlusconi, durante quell’incontro – gli è stato chiesto dal Pm, che a quel punto aveva dimenticato lo scopo del processo – era consapevole che lui era latitante? Graviano ha risposto di non saperlo, ma di pensare che lo sapesse perché conosceva il suo nome.
Quale era lo scopo degli incontri tra Berlusconi e i Graviano (lui e suo cugino Salvo, che ha partecipato a tutti gli incontri con Berlusconi e che era, secondo Giuseppe, il vero tramite tra la famiglia e il cavaliere)? Discutere su come regolarizzare la partecipazione dei Graviano ad alcuni fondi di investimento intestati a Berlusconi. Pare che fosse soprattutto il cugino Salvo quello interessato a questa faccenda. Il problema era di ufficializzare un investimento realizzato una decina di anni prima dal nonno materno di Graviano, un certo Filippo Quartararo. Che evidentemente era il nonno di Giuseppe, ma non di suo cugino Salvo Graviano e perciò non si capisce bene perché fosse Salvo a occuparsi della questione. Questa operazione era un delitto? No, pare che fosse perfettamente lecita. Anche se Berlusconi nega che sia mai avvenuta e nega di avere mai sentito parlare di questo nonno di Graviano né di questi 20 miliardi.
Ma allora, se in tutto questo non c’è ombra di reati (l’unico potrebbe essere la mancata denuncia da parte di Berlusconi della latitanza di Graviano, ma è discutibile che sia un reato e poi sicuramente dopo 30 anni è prescritto) per quale ragione in un processo per duplice omicidio, il presunto killer o mandante viene interrogato su tutt’altro? Sicuramente il racconto di Graviano non ha interesse penale, indubbiamente ha un grosso valore giornalistico. Diciamo che più che di un processo dobbiamo parlare di una conferenza stampa, o di un talk show senza telecamere.
Questo forse è il punto.La deposizione di Graviano non avrà conseguenze giudiziarie ma conquisterà i giornali. E permetterà di tornare alla vecchia idea che in fondo Berlusconi c’entra con la mafia. Anche se tra i grandi imprenditori italiani è quello che meno di tutti ha avuto a che fare con la Sicilia. Anche se è l’unico che è stato passato al setaccio per anni e anni, senza risultati, dai migliori magistrati italiani. Anche se è stato intercettato, pedinato e se – comunque – è sotto scorta da quarant’anni, e dunque tutti i suoi movimenti sono monitorati.
Infine una piccola testimonianza personale. Mi si dice – la notizia l’ha pubblicata un piccolo giornale siciliano – che nell’intercettazione in carcere, Graviano sostenne che stava per scrivere, con me, un libro di memorie. Non era vero. Nessuno me lo aveva mai chiesto. Un anno dopo – circa – e un po’ più di un anno fa, vennero a trovarmi al giornale dove lavoravo (Il Dubbio) due persone mandate da Graviano, due avvocati credo, che mi proposero effettivamente di scrivere un libro. Dissi di no, spiegai il perché, e la cosa finì lì. Immagino però che effettivamente queste dichiarazioni di Graviano non siano nate all’improvviso. Immagino che da tempo pensa a questa uscita. Non ne immagino invece i motivi.
