Il botta e risposta tra Renzi e Tajani: sullo ius scholae il ministro farà come l’anno scorso?

Ucraina, Medio Oriente, dazi. Questo era l’ordine del giorno del question time al Senato per il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Inevitabili, però, anche altri temi: ius scholae e giustizia. Sul primo, il capo della Farnesina ha avuto un botta e risposta con il senatore di Italia Viva, Matteo Renzi, che gli ha chiesto della serietà della proposta di legge di Forza Italia, che difficilmente troverà sostegno tra gli alleati di Fratelli d’Italia e Lega. «Farà come l’anno scorso – gli ha rinfacciato l’ex premier – e agosto si confermerà il mese delle dichiarazioni folli?».

La polemica

Il leader di IV ha poi messo altro carico nel cannone, ricordando al ministro di trovarsi a «Ferentino a chiedere l’alta velocità mentre Trump annunciava il disimpegno dall’Ucraina». Una polemica pretestuosa, a dire del ministro, che visibilmente seccato ha cercato di liquidare così: «Sono sempre pronto a discutere di tutto ma non è questo il luogo, lo faccio per rispetto all’Aula». Del resto, sullo ius scholae Tajani si era espresso in mattinata: «La nostra proposta è molto differente da quella del referendum da cinque anni. Siamo assolutamente contrari, è troppo lassista. Per noi 10 anni di scuola con profitto», aveva detto a margine dell’assemblea di Farmindustria. Una risposta altrettanto sintetica, ma fuori dall’Aula, l’ha data sulla giustizia: «La riforma è una priorità per Forza Italia da sempre. Il risultato di oggi è straordinario, ci auguriamo che possa essere approvata il prima possibile».

Ad una settimana dalla conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina

Dicevamo, la politica estera del governo Meloni. Per questo Tajani era a Palazzo Madama. Oggi siamo a una settimana dalla conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina. Roma si appresta a ricevere «novanta Paesi e duemila aziende, di cui cinquecento italiane». È un appuntamento che ci rimette al centro della politica internazionale. Non sono ammessi errori. L’Italia conferma quindi la propria vicinanza a Kyiv, fornendo all’alleato in guerra una sede, il Ministero degli Esteri, dove poter parlare di pace e una serie di soggetti che possano poi fornire le facility adeguate per la ricostruzione del Paese. L’Italia come «crocevia di pace». Questa è l’ambizione del ministro Tajani. Per l’Ucraina, per il Medio Oriente. «Rivendichiamo con orgoglio l’azione del governo per il dialogo tra Israele e Iran. Altrettanto lavoriamo per il cessate il fuoco a Gaza, la liberazione degli ostaggi e la ripresa degli aiuti umanitari».

I colloqui di Tajani

Tajani ha anche ricordato i colloqui avuti con i ministri degli Esteri egiziano e del Qatar sull’accoglienza nelle strutture italiane di 150 bambini palestinesi. Gesto umanitario che, si spera, sia finalizzato anche a strappare i più piccoli da Hamas che proprio sulle nuove generazioni investe per farne nuove leve di terrore. Tutto questo però non ha risparmiato il ministro – e con lui il collega della Difesa, Guido Crosetto – dagli attacchi dei 5 Stelle sull’export di armi italiane verso Israele e, più in generale, sulla posizione del nostro governo sulla Nato, dopo il summit a L’Aja. Il Movimento ha parlato di «passivo e servile adeguamento a un folle e insostenibile riarmo, a una pericolosissima propaganda bellicista anti-russa e all’ipocrita approccio umanitarista al genocidio di Gaza». Oltre a smentire qualsiasi fornitura dual use verso Israele, Tajani ha ribadito l’impegno del governo per il dialogo e la de-escalation. D’altra parte, «abbiamo accolto con preoccupazione la decisione del Parlamento iraniano di voler bandire l’Agenzia Onu per l’energia atomica dal Paese».

Un piano B

Se per il dossier Ucraina la Farnesina mostra ottimismo, o quantomeno buona volontà, in vista del summit della prossima settimana, il Medio Oriente resta un punto critico. Oggetto di frizioni in politica interna, quanto di una lettura realistica dei fatti. Per quanto colpiti, Teheran e Hamas non sono sconfitti. Tajani ha infine ricordato le sue recenti missioni in India, Giappone, Messico e Canada per consolidare partnership strategiche politiche ed economiche. Un appunto finale da interpretare come un Piano B tutto italiano qualora la questione dazi con gli Stati Uniti dovesse risolversi male per l’intera Europa.