Uno di quei bar di periferia, un tempo sgangherati, oggi vintage: quei locali che conservano ancora l’arredo degli anni settanta e tengono sugli scaffali le bottiglie dell’Oro Pilla e del Rosso Antico. Da nord a sud l’Italia è un posto in cui una volta ogni sette giorni ci si concede un aperitivo, prima del pranzo domenicale, e si tirano le somme della settimana lavorativa. E, puntualmente, si celano le sconfitte, raccontandosi i successi, veri o solo immaginati. Il luogo delle balle, insomma. In cui tutti si cimentano a spararla grossa. E per quanto ci si affanni in mirabolanti iperboli, si finisce sempre per mordere la polvere, ché proprio quando la si è detta così grossa da avere la vittoria in tasca arriva lui: il drago. A Milano quello doc stava al Giambellino, periferia sud-ovest, portava una balla più grande di una mongolfiera, stendeva tutti al tappeto, facendoli rientrare a casa con in mano il vassoio delle pasterelle e in cuore la voglia di vendetta che si rinviava alla domenica successiva. Inutilmente perché il drago è drago di professione, inventarsi le balle è il suo lavoro, vano stargli dietro e rincorrere i suoi fuochi di artificio. I Draghi, al bar del Giambellino, non giocavano a carte, stavano dietro, in piedi, a criticare, che solo loro sapevano la giocata giusta, erano gli inventori del re-belot, avevano donne stupende che nessuno mai aveva visto, e un affare clamoroso prossimo alla conclusione. I vecchietti del quartiere li mandavano via a male parole. Sfigati di periferia, a cui nessuno dava una lira, una possibilità nella vita. La Lombardia, al timone dei suoi vascelli, di ogni cabotaggio, ci metteva gente solida, marinai provetti.

Poi qualcosa è successo, ai cummenda di parlare da pari a pari con la politica non è andato più giù. I Draghi, dal bar del Giambellino si sono trasferiti ai partiti, hanno davvero trovato l’occasione: sono entrati in politica e sono diventati classe dirigente. L’economia ha dettato le regole, la nave Lombardia ha macinato le miglia davanti a tutto e a tutti. E tutto è andato bene fino a che il tempo è stato buono. Che tutto fosse un azzardo lo ha svelato la tempesta, nel mare in burrasca non galleggi con i Draghi. La Lombardia si è impegnata in una crescita a dismisura dei propri distretti industriali, saturando gli spazi, consumandone risorse territoriali e ambientali. Un immenso insediamento economico e umano, votato quasi unicamente agli scambi commerciali, avendo per guida la produzione di utili.

Tutto troppo gigantesco per reggere a una tempesta mostruosa generata dal Covid-19. È vero che nessuna altra Regione italiana avrebbe retto a un urto del genere, ma è vero che in nessun’altra Regione si sia verificato un impatto così violento proprio perché non esiste un territorio italiano così affetto da gigantismo. Forse la Lombardia, per andare veloce, ha superato un limite che non era attrezzata a varcare. La salvezza e la tenuta, per come avvenute, si devono ai lombardi che indipendentemente da chi li dirige hanno reagito al meglio. Le classi dirigenti hanno fallito, gli operatori della sanità, non i direttori, hanno tenuto. E pensare di correre sempre più forte, all’infinito, è un azzardo se in testa, per la volata, si piazzano i Draghi del Giambellino.

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E' uno scrittore italiano, autore di Anime nere libro da cui è stato tratto l'omonimo film.