Il maggiore dei marines ucraini scrive al Papa: “Qui è l’inferno sulla Terra. Salvi i civili a Mariupol”

Sua Santità, Papa Francesco! Mi rivolgo a Lei per chiedere aiuto: è giunto il momento in cui solo le preghiere non bastano più. Aiuti a salvarli.” Inizia così la lettera che il maggiore Sergiy Volyna, comandante della 36ma brigata dei Marines ucraini assediati a Mariupol, la città ‘martire’ dell’Ucraina, ha scritto al Pontefice.

Un appello per chiedergli di intervenire e “salvare la popolazione civile allo stremo nella città”.

La lettera

Porti la verità nel mondo, aiuti ad evacuare le persone e salvi le loro vite dalle mani di Satana, che vuole bruciare tutti gli esseri viventi” continua il testo della missiva. Non sono cattolico, sono ortodosso – scrive il maggiore Sergiy Volyna – Credo in Dio e so che la luce vince sempre le tenebre. Ho combattuto per più di 50 giorni in completo accerchiamento, e tutto ciò per cui ho tempo è una feroce battaglia per ogni metro della città assediata. Sono un guerriero, un ufficiale che ha prestato giuramento di fedeltà al suo Paese. E sono pronto a combattere fino alla fine. Nonostante la forza schiacciante del nemico, nonostante le condizioni disumane sul campo di battaglia, il fuoco dell’artiglieria costante e il fuoco di razzi, la mancanza di acqua, cibo e medicine“.

Il maggiore poi si rivolge al Pontefice sottolineando le atrocità che si stanno verificando in Ucraina e in particolare nella città portuale affacciata sul Mar d’Azov. “Probabilmente Lei ha visto molto nella Sua vita. Ma sono sicuro che non ha mai visto quello che sta succedendo a Mariupol. Perché è così che appare l’inferno sulla terra – scrive ancora – Ho poco tempo per descrivere tutti gli orrori che vedo qui ogni giorno. Nella fabbrica, donne con bambini e neonati vivono in bunker. Nella fame e nel freddo. Ogni giorno sotto la mira degli aerei nemici. I feriti muoiono ogni giorno perché non ci sono medicine, acqua, cibo”.

Il comandante della 36esima brigata dei Marines era apparso anche in un video in cui giurava che i combattenti a Mariupolfaranno tutto il necessario per portare a termine con successo la missione fino alla fine“. 

La situazione a Mariupol

A Mariupol si continua a combattere strenuamente. La città è sempre stata uno dei principali obiettivi di Putin, perché rappresenta un punto geografico, politico ed economico particolarmente rilevante. La sua conquista gli permetterebbe di aprire un passaggio via terra fra la Crimea, annessa militarmente nel 2014, e il Donbass, per lo più controllato dai separatisti filorussi.

Sergi Orlov, vice sindaco di Mariupol, ha descritto con queste parole quello sta accadendo a Mariupol nelle ultime ore: “La situazione è la stessa rispetto agli ultimi giorni, la città è completamente isolata e non arrivano aiuti umanitari. Abbiamo bisogno di acqua e derrate alimentari. Continuano i bombardamenti, la città è rasa al suolo e i russi hanno occupato gran parte della città, ma l’esercito ucraino continua la battaglia”.

Mentre il capo della polizia locale Mykhailo Vershinin, citato da Ukrinform, ha spiegato oggi 18 aprile che i soldati russi stanno usando la popolazione civile rimasta a Mariupol – circa 100mila persone – per scavare tra le macerie e recuperare i cadaveri. “L’esercito russo sta cercando di cancellare le tracce dei suoi crimini” ha aggiunto. Tutti in città, ha spiegato, sono costretti a indossare fasce bianche, sulla gamba destra e sul braccio sinistro, proprio come i militari dell’esercito russo e del cosiddetto esercito dell’autoproclamata repubblica di Donetsk (Dnr): “Contrassegnando i civili in questo modo, portano la popolazione locale al rango di combattenti. Quindi mandano la gente nelle zone che possono essere attaccate, dove potrebbero morire”, ha affermato.