“San Gennaro tu ci aiuti e noi ti realizziamo una cappella che più bella non ce n’è”. Questo il patto simbolicamente siglato tra i napoletani e il loro santo Patrono nel 1527. A fare da garanti a quel patto c’erano i rappresentanti di quella che subito dopo sarebbe diventata la Deputazione della Real Cappella di San Gennaro. Un’istituzione che non ha mai smesso di esistere, con il compito di promuovere il culto di San Gennaro, di tutelarne le Reliquie e di custodire l’inestimabile patrimonio del Tesoro. Attraverso i secoli la Deputazione ha sempre vegliato anche sul Miracolo del santo che si ripete a Napoli tre volte all’anno: Nel sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre. Migliaia di fedeli accorrono al Duomo, pregano affinchè San Gennaro compia il prodigio, che è simbolo di prosperità, e ripetono: “Faccia gialla fai il miracolo”. Se il sangue non si scioglie è segno di cattivo presagio.
Così anche il 16 dicembre i napoletani attendono che si compia il prodigio. Conosciuta come “miracolo laico” quella del 16 dicembre è la terza delle tre celebrazioni annuali a cui si accompagna il prodigio della liquefazione. Data che ricorre in memoria dell’eruzione del Vesuvio del 1631 in cui i napoletani chiesero e ottennero l’intervento miracoloso di San Gennaro per scongiurare che il magma invadesse la città. Il prodigio e tutto quanto connesso al culto di san Gennaro è fondamentale per tutti i napoletani, che siano essi laici o cattolici. Un tema, un sentimento, che travalica la fede tanto da essere stato candidato all’Unesco il 26 novembre 2022. “San Gennaro è simbolo della tradizione partenopea, è un’entità che in tutto il mondo viene ascoltata, per questo mettiamo massima attenzione alla candidatura per l’inserimento nel patrimonio dell’Unesco”, ha detto Gennaro Sangiuliano, ministro per la Cultura, nel sostenere la candidatura a Patrimonio immateriale dell’Unesco del santo patrono di Napoli, o meglio del “Culto e devozione di San Gennaro a Napoli e nel Mondo”.
Tutto è iniziato proprio con quel patto che San Gennaro fece con i napoletani precisamente il 13 gennaio 1527. A raccontarlo al Riformista è il Marchese Pierluigi Sanfelice di Bagnoli: la sua famiglia era tra i firmatari di quel patto e da allora non ha mai smesso di essere presente nella Deputazione. “La città di Napoli a quei tempi pativa guerre e pandemie, il Vesuvio spesso si faceva sentire con frequenti eruzioni e la paura era tanta – racconta il Marchese – Il popolo di Napoli stremato decise di fare un voto al suo santo patrono. Così il popolo chiamò i rappresentanti degli antichi seggi che gestivano la città, le famiglie nobili, una sorta di moderno consiglio comunale, per fare un patto con il Santo: lui avrebbe difeso la città e in cambio i napoletani gli avrebbero eretto una cappella come ex voto. Si fece un vero e proprio atto pubblico siglato davanti al Duomo”. A fare da garanti, in quella simbolica data, c’erano i rappresentanti dei seggi che poi sarebbero confluiti nella deputazione della Real Cappella di San Gennaro. Quell’atto è ancora oggi conservato all’interno della cappella. “Nel 2027 saranno passati 500 anni da quell’atto – dice Sanfelice di Bagnoli – Se Dio vuole tra 5 anni sarò ancora qui a sottoscriverlo”.
Che cos’è la Deputazione di San Gennaro
Il Marchese spiega che la Deputazione conserva le quattro chiavi della particolare cassaforte dove sono custodite le ampolle con il sangue del santo patrono. “Nel momento in cui bisogna aprire per il miracolo, 2 chiavi vengono usate dalla Curia e due dalla deputazione. Questo perché noi della deputazione siamo i custodi a tutti gli effetti della conservazione del sangue di San Gennaro e della sua Cappella”, continua il Marchese. Attraverso i secoli la deputazione ha continuato a fare da garante in questo rapporto così intimo e diretto tra i napoletani e San Gennaro. Una storia secolare che il tempo non ha scalfito.
Sanfelice di Bagnoli racconta che da quel 1527 ogni famiglia deve scegliere due rappresentanti per la deputazione. All’epoca i seggi erano 6, 5 nobili e uno del popolo. “Con questa configurazione avevamo una rappresentazione storica e anche politico amministrativa della città”. A governare nella deputazione da allora sono ancora le stesse famiglie: i Sanfelice, i Caracciolo, i Pignatelli, i Carafa, gli Imperiali, i Carignani ed altre. “Questi seggi non sono ereditari – spiega il Marchese – Devono essere le famiglie ascritte ai seggi all’epoca in cui fu fondata la cappella del tesoro di San Gennaro e fino alla fine del ‘700, anno in cui furono aboliti i seggi ma la tradizione continuò. Naturalmente non erano sempre le stesse famiglie, cambiavano ma rimanendo nello stesso seggio che comprendeva anche 50 famiglie che facevano parte del patriziato. Tra queste venivano scelti due rappresentanti alla cappella del tesoro di San Gennaro che era la posizione più importante per l’aristocrazia napoletana. Infatti questi avevano il titolo di Eccellentissimo”.
La Deputazione di san Gennaro oggi
“Oggi non c’è più il numero di famiglie che c’era un tempo – continua il Marchese – Basti pensare che nel 1600, il seggio che io rappresento, quello di Montagna, aveva 119 famiglie ascritte al patriziato, oggi noi siamo in tre”. Il marchese spiega come vengono scelti da secoli i rappresentanti delle famiglie: “È la deputazione che sceglie nelle famiglie i rappresentanti in base alle esigenze – dice – Naturalmente devono essere persone che sono a Napoli e hanno anche il tempo di farlo”. Per il popolo invece, nella Deputazione ci sono due rappresentanti, figure che sono conosciute e meritano la posizione che andranno a occupare, sono prestigiosi professionisti. “In epoca moderna la deputazione è stata messa sotto la protezione del Comune di Napoli per quanto riguarda il profilo economico e i costi di mantenimento della Cappella del tesoro di San Gennaro. A presiedere la cappella del Tesoro c’è il sindaco di Napoli”.
Il lavoro della deputazione oggi è molto diverso rispetto al passato. “Abbiamo degli impiegati che svolgono determinate attività. Dobbiamo pensare all’amministrazione della Cappella e fare in modo che qualsiasi cosa possa occorrere venga immediatamente fatto per il bene e la conservazione della cappella. Poi c’è il culto Divino che è la cosa più importante, assiste a quello che è il miracolo di San Gennaro. Abbiamo una ripetizione di quella che è la govenrance civile con quella ecclesiastica. Noi abbiamo 12 sacerdoti, tra di loro viene scelto il capo il quale diventa abbate tesoriere. Pensano loro al culto divino: le sante messe, l’organizzazione delle processioni, tutto quanto assiste la parte religiosa. Il prelato della cappella del tesoro è il Papa che a Napoli viene rappresentato dal cardinale della città”.
“Si è voluto mantenere questa rappresentazione storica perché è una rappresentazione democratica anche. Ha valore perché mantiene la storicità di certe famiglie. In questa deputazione ci sono famiglie che sono qui da 500 anni”. E conclude: “Tutto questo può sembrare qualcosa che ai nostri tempi non ha ragione di essere. Invece, per noi napoletani, la cappella del tesoro di san Gennaro e il Tesoro, sono la storia della nostra città. La grandezza, la povertà, le cose eccezionali di Napoli, passano tutte per San Gennaro. E il santo resta ed è il cuore di Napoli”.
