Una voragine naturale nel bel mezzo del deserto. Un pozzo che ha alimentato negli anni miti e leggende, tanto da meritarsi l’appellativo di “Pozzo dell’Inferno”.
Si trova nella provincia di al-Mahra, al confine tra Yemen e Oman e lo scorso settembre, per la prima volta, un team di otto speleologi ha raggiunto le sue profondità sfidando le superstizioni.
La scoperta
Si stima che il pozzo di Barhout– questo il suo nome ‘ufficiale’- abbia una storia di migliaia di anni, anche se non si hanno dettagli precisi in merito alla sua formazione e storia geologica. Una perfetta apertura circolare di circa 30 metri di diametro e 112 metri di profondità che, secondo quanto narrato dalle popolazioni locali, sarebbe in grado di attirare al suo interno degli oggetti, oltre a essere il rifugio di spiriti maligni e ‘prigione’ per jiin, ossia ‘geni’. La spedizione ha però evidenziato una realtà diversa. Sul fondo del pozzo infernale gli speleologi si sono trovati di fronte a uno spettacolo unico. Hanno trovato stalagmiti e sulla pavimentazione moltissime ‘perle di grotta’ o pisoliti, ossia formazioni sferiche di carbonato di calcio modellati nel corso di centinaia di anni dall’acqua. Ma non solo: la voragine ospita anche numerosi serpenti e custodisce i resti di uccelli e altri animali.
Gli speleologi che hanno deciso di vivere questa avventura fanno parte dell’Oman Cave Exploration Team, un gruppo che per molto tempo ha perlustrato grotte e caverne in Oman. Uno di loro, Mohammed al-Kindi, professore di geologia presso la German University of Technology in Oman, ha raccontato all’agenzia AFP: “La passione ci ha spinti in quest’impresa e sentivamo che avremmo scoperto qualcosa di meraviglioso sulla storia dello Yemen.” Campioni di rocce, terra, acqua e resti di animali sono stati raccolti per essere analizzati.
Le leggende sul pozzo
Diverse sono le credenze che da sempre caratterizzano il pozzo di Barhout, come sottolineato da Kindi, che ha trascorso sei ore al suo interno. “Alcuni dicono che sia il luogo in cui eretici e miscredenti vengono torturati dopo la morte” ha raccontato alla testata The National. “Altri credono che una volta arrivato laggiù, ti venga tagliata la testa.” Molti sono convinti che l’acqua all’interno del pozzo sia maledetta, ma Kindi ne è sicuro: l’acqua è pura e fresca. “Ne abbiamo bevuta una bottiglia intera e non ci è successo nulla!” ha sottolineato.
Eppure, secondo i residenti della zona -che si trova a circa 1300 km dalla capitale Sana’a- è meglio non visitare l’area o addirittura parlarne: porterebbe sfortuna.
