Nel Si&No del Riformista spazio al dibattito sull’abolizione del test d’ingresso alla facoltà di Medicina. Favorevole il Professore Ordinario dell’Università di Genova Matteo Bassetti: “Siamo un Paese vecchio, abbiamo bisogno di medici, nei pronto soccorso non ci sono più infermieri”, il suo allarme. Contrario il Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania Pietro Castellino: “Se il numero diventasse libero la nostra laurea perderebbe il riconoscimento europeo”.
Qui l’opinione di Pietro Castellino
Sono contrario all’abolizione del numero chiuso a medicina per una serie di motivi. Il primo è che negli ultimi anni il numero degli studenti che si possono iscrivere al primo anno di medicina è aumentato in modo significativo: a livello nazionale siamo passati, in cinque anni, da circa 12mila iscritti a 19mila (dato di quest’anno), c’è stato quindi un aumento quasi del 50%. A Catania, per esempio, siamo passati da 280 iscritti a 560 iscritti. Abbiamo quasi raddoppiato il numero degli studenti. Ma per formare bene gli studenti abbiamo bisogno di tutta un serie di cose.
Innanzitutto di docenti e il numero dei docenti non è aumentato. Abbiamo bisogno di aule dove tenere le lezioni, di reparti nei quali far lavorare questi ragazzi, abbiamo bisogno di aule studio e soprattutto servono degli spazi nei quali poter seguire i ragazzi durante il loro tirocinio pre-laurea. Quando parlo di spazi, parlo di spazi di qualità dove poter mettere in pratica delle procedure di insegnamento che siano all’altezza di uno standard europeo, perché la laurea italiana adesso è una laurea abilitante e quindi il laureato, mentre si laurea viene abilitato all’esercizio della professione e quindi noi dobbiamo ragionevolmente garantire che un laureato sia in grado di svolgere con dignità e serietà il suo lavoro. Il nostro neolaureato si iscriverà poi a una scuola di specializzazione, ciò vuol dire che il giorno dell’iscrizione sarà di fatto un assistente in formazione e noi dobbiamo, ancora una volta, garantire che questo ragazzo sia in grado di poter svolgere il proprio lavoro in modo adeguato e sufficiente.
Se noi aumentassimo a dismisura il numero degli iscritti al primo anno di medicina, per esempio abolendo il test d’ingresso e quindi il numero chiuso, a 60mila iscritti non potremmo assolutamente garantire agli studenti una laurea di qualità come invece è adesso. In altri paesi dove c’è l’iscrizione libera alla Facoltà di Medicina, per esempio in Francia, lo sbarramento avviene nel passaggio dal primo al secondo anno: i ragazzi devono fare due esami nazionali, uno alla fine del primo semestre e uno alla fine del secondo semestre, e la percentuale di bocciati supera il 90% perché di ogni mille iscritti al primo anno, solo cinquanta potranno avere accesso al secondo anno.
È forse meglio questo o il sistema italiano in cui la selezione viene fatta prima di iniziare? Oppure è meglio il sistema adottato in Germania dove ci si può iscrivere con una certa libertà, ma se si viene bocciati tre volte a un esame si viene automaticamente cancellati dal corso di laurea? Si è spesso detto che l’esame di ammissione a medicina era un esame troppo stressante, troppo difficile, che in sessanta minuti e con sessanta domande si decideva il destino di una persona.
Adesso non è più così perché i ragazzi possono sostenere, due volte, l’esame quando sono al quarto anno di liceo e poi lo possono sostenere altre due volte al quinto anno, oppure dopo essersi diplomati. Ogni quattro esami sostenuti, potranno scegliere il punteggio migliore per poter accedere alla graduatoria e quindi hanno tutto il tempo per studiare e sostenere, senza uno stress particolare, l’esame di ammissione all’università. Dobbiamo poi considerare un’altra cosa, adesso abbiamo circa 14mila borse di studio per le specializzazioni e circa 2.500 posizioni come medico di medicina generale, in tutto abbiamo più o meno 17mila posizioni disponibili per i neolaureati.
Quest’anno e l’anno scorso complessivamente sono rimaste vuote 5mila borse di specializzazione e circa 2mila specializzandi hanno poi abbandonato o cambiato indirizzo nel corso del primo anno, quindi avendo noi aumentato di circa il 20% le iscrizioni, quando i neoiscritti arriveranno alla laurea avremo raggiunto un ragionevole equilibrio tra quelli che sono i neolaureati e i numeri di posti disponibili per le specializzazioni. In questo modo garantiamo a chi si iscrive a medicina non solo un percorso di formazione, ma anche un percorso lavorativo che non li espone a nessuno stress.
La nostra laurea adesso è riconosciuta a livello europeo e se il numero diventasse un numero libero, perderebbe il riconoscimento europeo. L’Anvur, l’ente certificativo italiano, da due anni sta lavorando per avere un riconoscimento non solo europeo ma mondiale della laurea in medicina. Quindi il laureato in medicina potrà esercitare la professione in qualsiasi paese del mondo, ma questo deve passare attraverso uno standard e dei percorsi di qualità che non sono sicuramente compatibili con un numero aperto di iscritti a medicina.
Con l’abolizione del test d’ingresso invece di andare avanti e migliorare la qualità dei percorsi formativi, probabilmente gli daremmo meno opportunità e meno possibilità di lavoro. Il numero totale dei medici non è basso, anzi è nella media europea, quello che invece è carente è il numero dei medici che lavorano nel sistema sanitario nazionale. Mediamente un medico italiano è pagato la metà rispetto a un collega francese. Quindi se il problema è quello di cercare di avere degli organici più completi e qualificati negli ospedali italiani, dovremmo pensare non solo al numero degli iscritti a medicina e alla qualità della laurea, ma anche a quelle che sono le condizioni lavorative e la busta paga alla quale i nostri medici possono ambire. In conclusione, credo che non sia una buona idea cedere alle visioni populistiche e demagogiche secondo le quali permettiamo a tutti di iscriversi, più ragionevole è cercare di mantenere un equilibrio tra quelle che sono realmente le nostre capacità di formazione e quelle che sono poi le ambizioni dei ragazzi a voler avere una carriera brillante.
